Se lo scorso anno, dopo quella gara 6, dopo quei tiri liberi di Leonard e dopo il layup di Duncan, ci avessero detto che un anno dopo ci saremmo ritrovati a parlare di un titolo storico da parte della franchigia texana, con Kawhi MVP delle finals, nessuno ci avrebbe creduto e ci avrebbero diagnosticato una sorta di pazzia. La storia ci riserva sempre più di questi colpi di scena, ed un anno dopo siamo qui a raccontare il quinto titolo degli spurs, con il numero 2 MVP delle finali NBA. Quella di Kawhi Leonard, nato a Riverside, il 29 maggio del 1991, è una di quelle storie americane di cui abbiamo spesso sentito parlare.
L’applicazione mentale e fisica di un ragazzo di poche, pochissime parole, è fuori dal comune. Ma se da una parte ci sono i sorrisi e la gloria, dall’altra c’è il dolore della perdita di un familiare, con la voglia, da parte del figlio, di non guardarsi più indietro. Sembra facile dire oggi che la vita di Kawhi sia stata dedicata ad un solo scopo, ad un solo fine da raggiungere. Perché con chiunque si parli, chiunque abbia avuto a che fare con quest’uomo, o macchina, per quanto si allena, dirà di lui che ha sempre preferito allenarsi, cercando di migliorare ogni aspetto del gioco e del suo tiro. Cosa non facilissima se hai a che fare con una grandezza delle tue mani spropositata. Possono aiutarti ad essere un grande difensore, ma quando sei in attacco e la palla ti sembra una pallina da tennis non deve essere la più semplice delle cose. Kawhi ci lavora, come un matto, come un ossessionato, quasi consapevole che tutti questi allenamenti un giorno gli daranno ragione.
Ma non è sempre stato tutto così facile. La vita di Kawhi è ad un bivio quando il 18 gennaio del 2008 il padre viene assassinato nell’autolavaggio di famiglia. L’episodio è scioccante per il ragazzo sedicenne. Sembra riduttivo dire che il padre era parte di lui, quale padre non lo è per il proprio figlio, ma il legame tra i due era speciale. Le corse in collina durante l’estate, gli allenamenti assieme per migliorare il tiro, le giornate spese all’autolavaggio. “Mio padre mi ha insegnato l’etica del lavoro, a lavorare quanto più duramente potevo”. Tutti episodi che hanno contribuito alla formazione etica e morale di un ragazzo che da quel giorno è cambiato. Ha deciso di far di tutto pur di raggiungere quell’obiettivo comune che si era prefissato con il padre e di non parlare mai più di quello che era successo. Nonostante ciò, la forza di volontà ed anche un’idea di quello che gli passa per la testa, ce la dà il gesto del ragazzo che, il giorno dopo la morte del padre decide di scendere in campo, crollando in lacrime tra le braccia della madre dopo la sirena finale. Ma lui è cosi, dalla delusione e dalla rabbia raccoglie tutte le forze per concentrarle su un unico obiettivo, un unico fuoco emozionale che gli permette di giungere dov’è arrivato oggi. La sua forza di spirito lo porterà molto in alto, come dirà coach Popovich : “Quello che mi fa essere sicuro su di lui, è che lo vuole più di ogni altra cosa”.
Tuttavia, le strade dei San Antonio Spurs e di Leonard non erano così vicine. Ala piccola, 201 centimetri per 102 chilogrammi, a cui la natura ha generosamente aggiunto al suo arsenale cestistico due braccia della smisurata lunghezza di 221 cm che terminano con tenaglie a cinque dita grandi quasi 30 cm (come quelle di Shaq). Ma come dicevamo in precedenza, inizialmente è un eccellente difensore, dotato di un fisico stratosferico che gli permette di essere un ottimo rimbalzista. Ma dall’altra parte del campo, non eccelle. Ha problemi con il controllo della palla, per non parlare del tiro. Scelto come numero 15 del draft del 2011, viene selezionato dagli Indiana Pacers di Larry Bird. Ma non raggiungerà mai Indianapolis, da San Antonio arriva la chiamata di Rc Buford che lo scambia con George Hill. Mossa del secolo. Non la prima degli spurs e di Buford, ma questa è un’altra storia. Quale posto migliore per un ragazzo con un’etica del lavoro non comune, di lavorare su se stesso e di migliorare giorno dopo giorno, ora dopo ora, secondo dopo secondo. E quale migliore mentore, guida spirituale e tecnica di quel Gregg Popovich che ha fatto migliorare tanti ragazzi sotto la sua guida.
La sua storia agli spurs inizia a 20 anni. Al primo anno “approfitta” dell’infortunio occorso a Manu Ginobili per entrare in quintetto, dal quale non uscirà più. Gioca come guardia-ala. Con compiti specifici di difensore (prende in single coverage i migliori attaccanti della lega) e di rimbalzista. Kawhi obbedisce mettendo assieme ottimi numeri per un giocatore al primo anno. In 24 minuti di media mette assieme 8 punti e 5 rimbalzi ad allacciata di scarpe. Numeri che gli valgono il riconoscimento di quarto rookie dell’anno e la nomination nel miglior quintetto dei rookie della stagione 2011-2012. Nella seconda stagione prende in pianta stabile il ruolo di ala piccola titolare, migliorando i numeri della stagione precedente, dando la sensazione di continua crescita, tecnica e tattica. Conferma la sua caratteristica principale di marcare come pochi sui migliori giocatori della lega, come Bryant, James e Durant, che gli varrà la nomea di uno dei migliori difensori della NBA. La sua crescita è inarrestabile, ed in questa stagione esplode definitivamente, anche offensivamente. 13 punti e 6 rimbalzi di media nella regular season, 14 e 7 nei playoffs (tirando con percentuali assurde) ed una serie finale da favola. 17 punti e 6 rimbalzi e mezzo di media nelle 5 gare di finale, con l’exploit di gara 3 con 29 punti dove ha fatto vedere al Mondo di cosa è capace. Tutto ciò marcando dall’altra parte del parquet LeBron James. Il risultato dei suoi allenamenti e dei suoi miglioramenti l’hanno portato a vincere il titolo NBA ed al riconoscimento come MVP (miglior giocatore) delle finals, il piu giovane di sempre dopo Magic Johnson e Tim Duncan. Proprio quel Tim Duncan che esordì all’età di 21 anni in maglia spurs, che ricevette dall’ammiraglio le chiavi per condurre gli spurs, potrebbe consegnarle a sua volta nelle grandi e forti mani di Kawhi. L’onore e l’onere di continuare a portare in alto il nome della franchigia. Sicuramente il nostro eroe non rifiuterà l’offerta, accettandola con la stessa forza con la quale ha superato molte difficoltà della sua vita.
La storia di Kawhi è unica, come la sua forza di volontà. E c’è una frase che sintetizza tutto ciò : "Credo che mio padre sarebbe fiero di me, ma devo andare avanti”.