Otto mesi di spettacolo, passione, adrenalina, di giocate sontuose, di polemiche, di contrasti ed attriti. 400 giorni, più o meno, segnati dagli inaspettati piani fallimentari di qualche franchigia e da favole che allietano e rendono più attrattivo questa Lega, proprio perché qualche società nel suo progetto stilato ad inizio anno ha creduto davvero. La stagione Nba volge oramai verso il suo termine, con la lotta all’anello riservata soltanto a due club, gli stessi che ci avevano tenuto con il fiato sospeso nelle Finals del 2013, passate alla storia per la loro straordinaria modalità di sviluppo. Una battaglia epica nella quale l’equilibrio del parquet ha regnato fino all’ ultimo atto. Il “ The final countdown “, quello che cantavano gli “ Europe “, è già naturalmente iniziato. E mentre due squadre si affrontano per entrare nella storia, le altre 28 del campionato, con ritmi ed obiettivi diversi cercano di intervenire sui loro punti deboli, con la speranza di poter arrivare prossimamente anche loro a scrivere una pagina da antologia della Lega più seguita del mondo.

CLEVELAND CAVALIERS

Si dice che gli ascolti televisivi statunitensi delle prime due sfide delle Finals siano letteralmente lievitati se confrontati con quelli dello scorso anno. Si pensa o almeno si presume, che in quella fetta di sportivi e curiosi incollati davanti alla tv, non sia menzionabile nessuna figura del quartier generale dei Cavaliers. Alla base di questa nostra considerazione pensiate ci sia l’idea di una prova di orgoglio da dover sfoggiare per l’ennesima finale giocata da quel sempre caro LeBron James ? No niente affatto, le nostre supposizioni sono dettate dall’ attuale situazione societaria del club dell’ Ohio, ancora impegnato per la ricerca del nuovo tecnico. Dal 12 maggio, giorno in cui è stato annunciato il secondo divorzio da Mike Brown, David Griffin ed il suo staff non hanno fatto altro che preparare e studiare la lista di candidati, intavolare incontri con quest’ ultimi, per poi successivamente rinfoltire il lungo elenco del taccuino con nomi nuovi e preferibilmente giovani. Deve essere andata così. Tyroon Lue ed Adrian Griffin i primi ad essere entrati nel prestigioso elenco dei papabili, sono stati successivamente raggiunti dalla vecchia guardia delle panchine Nba: Vinny del Negro, Lionel Hollins, Alvin Gentry e John Calipari. Individualità diverse per stile e concezione del basket ma unite dalla voglia di tornare o risalire sul palcoscenico Nba grazie ad una piazza ricca di motivazioni come quella di Cleveland. Al momento la società, in barba alle ipotesi stilate dalla stampa, ha comunicato che successive interviste con i candidati sovra citati non ce ne saranno, almeno non con loro, perché il ventaglio dei pretendenti ha comunque un nuovo concorrente al posto: Mark Price. L’ex guardia, ora assistente ai Charlotte Hornets, è l’ultimo nome che circola nell’ambiente. Una scelta quella della dirigenza che va oltre le competenze dimostrate dall’uomo di Bartlesville. Al di là dell’esperienza maturata in più di dieci anni di panchina, quasi sempre nel ruolo di assistente, c’è il suo passato di giocatore a fare la differenza. Price ha infatti trascorso i suoi primi nove anni da professionista proprio nella franchigia amaranto, conquistando con la stessa diversi riconoscimenti a livello individuale. Sponsorizzato da gran parte della piazza che non ha mai dimenticato il numero 25 ( la società ha poi anche deciso di ritirare la sua canotta), l’eventuale assunzione andrebbe ad indicare la volontà di Dan Gilbert di affidare il nuovo programma del club tra le mani di una figura già conoscitrice dell’ambiente e soprattutto gradita alla tifoseria. L’incontro tra le parti è avvenuto ieri, seguiranno certamente sviluppi.

DENVER NUGGETS

Ripartire. E’ questo il diktat che si sono imposti in casa Denver Nuggets. La squadra di Brian Shaw dopo aver concluso la recente stagione con un 36-46, che ha portato alla mancata qualificazione playoff dopo 10 stagioni consecutive, nutre la speranza di tornare a concorrere ad alti livelli nella Western Conference. Lo desiderano i tifosi e la società, che nella scorsa offseason ha optato per una vera e propria rivoluzione sia a livello tecnico che societario, ed è un obiettivo chiaro anche nella testa del carismatico Ty Lawson. Nel corso di una recente intervista, la guardia del Maryland ha fatto il punto della situazione, analizzando l’ultima annata del team del Colorado, e soffermandosi inoltre sui potenziali traguardi del futuro. “ Abbiamo voglia di cambiare pagina e questa credo sia la volontà dell’intera organizzazione. Dove vogliamo arrivare? Puntiamo al riscatto, tornare ai playoff sarebbe straordinario vorremmo arrivare almeno al secondo turno. – fase della postseason nella quale i Nuggets non approdano dal 2009, quando arrivarono ad un passo dalle Finals – Mi piacerebbe inoltre riuscire a diventare un All- Star, è un sogno che coltivo da molto tempo. “ ha aggiunto il numero 3 gialloblu. La rinascita di Denver passerà certamente da quella di Danilo Gallinari, fermo da quasi un anno e mezzo. Il cestista azzurro continua a lavorare sul suo ginocchio infortunato che negli ultimi tempi lo ha costretto ad una seconda operazione allungandone la degenza e spera di ritornare disponibile per il training camp. “ Lavoro per essere pronto in vista della pre-season. E’ un’ ipotesi credibile, ne ho parlato spesso con lo staff medico. Sono fiducioso.”

LOS ANGELES CLIPPERS

Altro che sotterrare l’ascia di guerra, Donald Sterling continua imperterrito nella sua battaglia legale e non contro la Federazione e ad una tregua non pensa minimamente. L’uomo al momento più chiacchierato dell’intero circo Nba non sembra intenzionato a tirarsi indietro e cercherà in tutti i modi di impedire la cessione dei suoi Los Angeles Clippers all’indirizzo di Steve Ballmer, fresco di accordo con la signora Shelly Sterling co-proprietaria della franchigia e sua ex moglie. “ Ho capito che devo continuare a combattere – ha affermato Sterling – Anche se la mia posizione può apparire impopolare e possa essere scarsamente condivisa. Voglio far valere i miei diritti, quali quello alla privacy (il facoltoso uomo d’affari, è stato sorpreso pronunciare dichiarazioni razziste nel corso di una telefonata con una sua amante tramite una registrazione, una procedura illegale in California secondo i suoi legali) e ad avere un giusto ed equo processo. Amo questa squadra, a lei ho dedicato 33 anni della mia vita e non ho alcuna intenzione di cederla. “ Le inequivocabili parole fanno da risposta a quelle di Adam Silver. Il Commissioner nel corso della sua prima conferenza stampa di rito pre Finals si era dedicato anche al caso Sterling- Clippers. “ Siamo a buon punto, la trattativa è in fase di risoluzione. Shelly Sterling ci ha dato tutte le garanzie del caso, le sue intenzioni non sono cambiate. – e sulla presunta azione legale che Donald Sterling a quel tempo pareva addirittura aver rifiutato di intentare contro la Federazione aveva risposto – Non siamo comunque preoccupati, siamo convinti che le sue intenzioni di fatto poi non andrebbero lontano, aspettiamo la sua firma sul contratto di vendita, ma qualora non avvenisse siamo forti della posizione della sua ex moglie, dotata di tutti i poteri affinchè la vendita possa realizzarsi ed intenzionata a fare in modo che questo accada. “ Il braccio di ferro durerà ancora a lungo?

MIAMI HEAT

7 gare per entrare nella storia, gli uomini della Florida hanno le idee chiare: conquistare il quarto titolo della franchigia, il terzo consecutivo e scrivere una nuova pagina del grande libro Nba sotto la voce Threepeat. Una vera e propria impresa di cui però la squadra di coach Spoelstra possiede tutte le carte per realizzarla. Ha un gruppo vincente, come dimostrano gli ultimi campionati, ben assortito, cementato nel corso del tempo e spinto dalla voglia di stracciare quell’etichetta che in molti gli hanno affibbiato di squadra di semplici star. E pensare che per qualcuno questi Heat non potevano nemmeno superare i potenzialmente pericolosi ed ostici Indiana Pacers nella finale della Eastern Conference. A mandare in frantumi i ragionamenti e le riflessioni dei loro detrattori, parzialmente rinvigoriti dopo i soli 7 punti siglati da LeBron James nel corso di gara 5 ( suo minimo in carriera in una partita dei playoff), la prestazione dei biancorossi nel loro primo match point a disposizione, capaci di stritolare senza troppi patemi la rivale guidata da Frank Vogel con un perentorio 117-92. L’ennesima prova di forza, abbinata ad una magistrale capacità di gestire la pressione nei momenti di maggiore stress. Hanno fame gli Heat che per il secondo anno consecutivo dovranno cercare di conquistare il titolo a discapito dei San Antonio Spurs. Le prime due sfide si sono giocate all’insegna del grande equilibrio, inevitabile che fosse così considerando la grandezza in tutti i sensi delle due pretendenti all’anello. Nella gara inaugurale, balzata in primo piano soprattutto per il mancato funzionamento dell’aria condizionata dell’ AT&T Center, gli Heat hanno dovuto fare a meno di LeBron James per un periodo consistente del match. A causa di fastidiosi crampi infatti, la stella di Akron è stata costretta a seguire gli ultimi vivaci e fondamentali minuti della gara dalla panchina, lasciando così Miami in balia degli Spurs. Il riscatto del numero 6 però, è prontamente giunto in gara 2: tornata l’aria condizionata nell’impianto, è tornato anche il solito LeBron James, 35 punti e l’assist per la tripla della vittoria firmata da Bosh per agguantare il pareggio della serie e volare così a South Beach in condizioni di perfetta parità. Storia e scenario completamente differente quello che ha preso vita alla prima di scena all’ American Airlines Center. Gli Heat non sono riusciti a tenere il passo dei vicecampioni, in grado di prendere il largo già a metà gara. Nonostante gli sforzi di rimonta compiuti nel secondo tempo Miami si è dovuta nuovamente arrendere, questa volta a differenza di gara 1 ben prima degli ultimi 3 minuti, quando 11 punti di fila di Green spensero la luce, tornando a perdere così una gara tra le mura amiche dopo una serie di 11 successi. A rendere l’onore delle armi ai vincitori del confronto è stato il coach Spoelstra nel dopo gara. “ Dobbiamo fare i complimenti a questi Spurs, sono scesi in campo con un atteggiamento aggressivo, hanno avuto una marcia in più rispetto a noi. C’è amarezza perché nel secondo tempo abbiamo tentato la rimonta ma abbiamo commesso errori deprecabili. Cosa ho detto ai miei? Niente di particolare, sarà importante il messaggio di domani quando torneremo ad allenarci. “ E sarà soprattutto fondamentale per il tecnico di origini asiatiche, provare a recuperare Mario Chalmers, fino a qui impalpabile e nervoso, come testimonia il brutto fallo su Parker al limite dell’espulsione nel corso di gara-2. Nelle sfide delle Finals il play non è andato oltre i 5 punti a referto, registrando così una media complessiva di 3,3 punti. Vera e propria involuzione la sua, arrivato alla soglia della postseason con 9,8 marcature a partita, scesa a 7,2 nel secondo turno dei playoff e crollata a 5,7 punti ( male anche le qualità di passatore: 4,9 nella season ora scivolata a 3,0) nella Eastern Finals.

NEW YORK KNICKS

La missione nuova guida tecnica di Phil Jackson è arrivata finalmente al suo compimento. I Knicks ripartiranno da Derek Fisher. Le voci circa un forte interessamento della franchigia arancioblu verso il cestista fino a qualche settimana fa tra le file degli Oklahoma City Thunder, sono cominciate a diffondersi nel corso dell’ultima settimana. Nel recente incontro con la stampa, Coach Zen era stato martellato dalle domande inerenti al prossimo head – coach che sarebbe potuto arrivare all’ombra dell’Empire State Building, l’ex tecnico dei Lakers non aveva dato chiare indicazioni, ammettendo però il forte interesse per l’ancora cestista nativo di Little Rock e su Mark Jackson. Interesse per il primo confermato dal fruttuoso incontro avvenuto a metà della precedente settimana, che sin da subito aveva dato indicazioni positive riguardo la buona riuscita dell’ operazione ed infine la presentazione ufficiale, ultimo atto di una negoziazione andata già in porto, avvenuta nella giornata di ieri. Riportare New York al titolo iniziando a lavorare dalla mentalità della squadra. Il primo compito di Fisher, che sarà al Madison Squadre Garden per i prossimi 5 anni con una paga stagionale da 5 milioni di dollari, sarà quello di rivoluzionare il modo di pensare e di agire in campo dei suoi giocatori. Il successore di Woodson sembra seguire la stessa linea comunicativa utilizzata dal suo mentore Phil Jackson nel giorno del suo insediamento. Non si nasconde e ammette candidamente che la fame di anello che sentono i Knicks da 40 anni è di fatto anche la sua. “ Vogliamo aggiungere più banner celebrativi al nostro soffitto “ confida senza troppi giri di parole e a chi potrebbe considerarlo inadatto al ruolo appena conquistato data la sua esperienza da coach praticamente nulla risponde di aver giocato con la mentalità e la capacità di analisi di un tecnico sin dall’età di 6 anni. La spinosa questione Carmelo Anthony, propenso a diventare costless agent, ora è naturalmente in mano ai due volti nuovi di New York. “ Melo è tra i migliori cestisti in circolazione – ammette Fisher – vorremmo rimanesse con noi, ma sappiamo che c’è la possibilità che lui possa andarsene. Proverò a convincerlo, faremo il possibile per dimostrargli che possiamo costruire una squadra vincente di cui potrà essere orgoglioso. “ Ridisegnata in modo integrale la piramide societaria, i New York Knicks ora possono cominciare concretamente a lavorare sul futuro.

SAN ANTONIO SPURS

Ne è passato di tempo da quella nefasta gara 6 delle Finals dello scorso anno, costata di fatto l’anello numero 5 della storia alla franchigia texana. Quasi un anno, da quella tripla di Allen che ha allungato la serie e che, almeno sul piano psicologico, ci ha permesso di capire quale squadra tra Miami e San Antonio avesse maggiori chance di portare il titolo a casa. Gli Spurs sono ripartiti proprio dal sesto atto delle Finals 2013 per costruire la stagione 2013/2014. Già infatti nella prima riunione del settembrino training camp,coach Popovich aveva deciso di preparare la nuova annata ripartendo da quella maledetta sfida dell’ American Airlines Center, come aveva fatto l’anno precedente con l'eliminazione contro i Thunder, attraverso la visione integrale della sfida con i suoi ragazzi, utile per analizzare insieme e riflettere sugli errori e le distrazioni commesse nel corso del match. Una prova emotivamente dura per tutto il gruppo, con Manu Ginobili che, qualche mese più tardi, confesserà di aver avuto anche la tentazione di sottrarsi a quella revisione del duello coprendosi gli occhi, dato il forte rammarico per una ferita tutt’altro che cicatrizzata. Una piaga che naturalmente ci vorrà del tempo per rimarginare, ma che intanto ha fatto da ulteriore stimolo affinchè gli Spurs potessero presto ritornare lì dove avevano perso la guerra. Posta in palio ancora più ghiotta poi, se le Finals sono un’ opportunità di rivincita con i Miami Heat. Le prime 3 gare del revival dell’ultimo atto del 2013, hanno mostrato a pieno le qualità ed i difetti della franchigia texana, in grado di azionare l’efficace macchina del gioco corale e coinvolgente nella prima bagarre, salvo poi metterla fuori uso in gara-2, nella quale i tentativi dei singoli e le prove di individualità non hanno fatto altro che concedere agli Heat il pass pareggio della serie, puntualmente sfruttato da quest’ultimi. Discorso a parte quello di gara 3, Popovich ha ritrovato la San Antonio che vuole ed i suoi cestisti hanno inoltre dato vita ad un primo tempo da urlo con il quasi 76 % di tiri dal campo ed una produzione offensiva da incorniciare. Un vero e proprio tesoretto quello costruito dai nerargentati che ha consentito loro di resistere con tenacia all’inevitabile ritorno dei campioni della Florida nel secondo tempo. Nel nuovo vantaggio degli Speroni, arricchita dalla conquista del fattore campo, c’è la firma di Marco Belinelli, il primo giocatore italiano della storia ad essere arrivato alla prestigiosa fase delle Finals e fin qui funzionale alla causa, benissimo anche Kawhi Leonard tornato a dare il suo contributo nella zona pitturata del campo, dopo le molli prestazioni in fase offensiva delle prime due partite. “ Abbiamo bisogno di lui e del suo talento – ha dichiarato Popovich nel post gara – sappiamo che può essere molto utile e questo lo sa anche lui, abbiamo bisogno che torni al suo livello. “ L’appuntamento è fissato ora a giovedì notte. Gara 4, di scena nuovamente a South Beach, potrebbe divenire il primo vero spartiacque della serie, ai protagonisti del parquet l’obbligo di vincere e dare spettacolo.