No, non sono stanchi. Risponde il campo, risponde gara-1. Un eccelso complesso, quello di casa Popovich, un'orchestra abituata, che suona uno spartito antico, ma sempre tremendamente efficace, sovrasta la musica di nuova generazione, quella arrembante dei Portland Trail Blazers. Un complesso di violini classici che spegne gli ardori giovanili di un gruppo catalputato in una realtà nuova, a molti sconosciuta. Due quarti bastano per indirizzare la sfida d'apertura del secondo turno e permettere a Pop e agli Spurs di mettere in cascina fiducia e buone sensazioni dopo lo spavento patito con i Mavs. Proprio gara-7 contro Nowitzki e compagni sembra aver contribuito a riaccendere l'interruttore di San Antonio. Da lì è ripartita la corazzata nero-argento, illuminata dalla regia sublime di Tony Parker e da un corredo di co-protagonisti di tutto rispetto. Lillard e Aldridge confezionano numeri importanti, quando la partita è però già in archivio, mentre dalla panchina texana splende la luce di Marco Belinelli, 19 con 3/5 dall'arco. Ginobili e Duncan, condizionato dai falli, dosati sapientemente da Popovich risparmiano energie in vista di sfide di maggior equilibrio, mentre Stotts studia il futuro e cerca nell'orizzonte una possibile linea guida, un'idea per intaccare un modello parso perfetto.
L'accoppiamento a sorpresa, senza dubbio. Alla vigilia dei playoff l'ipotetica seconda tornata presumeva un Parker - Harden, il duello stellare Howard - Duncan, invece no. La Nba non è carta scritta, parla il campo. E lì con merito si sono elevati i Portland Trail Blazers, una ventata di novità, gioventù. Una stella assoluta, Damien Lillard. Un lungo dominante, Aldridge. Mentre Portland sorprendeva, San Antonio arrancava, stritolata dai solidi Mavs, rincorsa dall'incubo di veder sfumare un altro anello, dopo aver assaporato lo scorso, cancellato dal tiro di Walter Ray Allen. Gara-1 a San Antonio presenta quindi non poche insidie. La stanchezza da una parte di una squadra logorata dal tempo, guidata da un trio che per forza di cose non può essere eterno. L'entusiasmo dall'altra, la consapevolezza di giocarsi qualcosa di grande.
Il campo segna una sorta di restaurazione. I grandi vecchi riscrivono, ancora una volta, la geografia Nba. Un primo quarto da leader di Tony Parker (33 alla sirena), 13 punti e un dominio totale della scena, apre il gap, ampiamente allargato prima dell'intervallo, con gli Spurs avanti di 26. Contributo fondamentale giunge poi dalla panchina. Non solo il citato Belinelli, ma anche Baynes e Mills. La sensazione lampante di una compagine pronta e di una sorpresa dall'atmosfera, dal momento. Se c'è un allenatore in grado di non illudersi per un'affermazione agevole è proprio Popovich che ben sa come in questa Lega le cose possano cambiare da una notte all'altra. Gli Spurs hanno lasciato il biglietto da visita, ai Blazers non resta che raccogliere la sfida. Scottati, sono ora chiamati alla reazione. Gara-2, sempre a San Antonio, per invertire la serie.
Queste le parole di alcuni dei protagonisti al termine dell'incontro:
Popovich "Parker sta facendo queste cose da un sacco di anni, lui è il nostro uomo d'attacco, crea per tutti. Sta facendo molto bene in difesa anche se pochi se ne accorgono".
Aldridge "Gli Spurs hanno fatto quello che fanno le squadre composte da campioni. Sono usciti e hanno dimostrato cosa sanno fare. Nella nostra squadra ci sono giocatori che non sono mai arrivati a un secondo turno, che non hanno mai vinto campionati. Ora sappiamo cosa ci aspetta".
Parker "Gara-7 con Dallas ha cambiato le cose. Lì abbiamo ritrovato il nostro miglior gioco, soprattutto in difesa e stasera abbiamo riproposto la stessa pallacanestro contro una squadra come Portland molto forte in attacco, con ottimi tiratori. Ho parlato con Pop. Volevamo ritrovare Marco stasera. Ho cercato spesso di servirlo, metà dei miei assist sono stati per lui".