Oggi in NBA possiamo ammirare moltissimi atleti europei, basti pensare ai vari Parker, Nowitzki, Gasol o ai nostri Gallinari, Belinelli, Bargnani e Datome.

Se possiamo farlo è perché tutti questi giocatori hanno avuto dei predecessori che hanno mostrato agli americani che anche gli europei sapevano giocare ad alti livelli. Su tutti ci sono stati due cestisti che, attraverso la loro infinita classe, hanno svolto un ruolo fondamentale in questo senso: Drazen Petrovic e Arvydas Sabonis. Entrambi prima di andare in NBA avevano vinto tutto ciò che era possibile in Europa e avevano conseguito numerosi riconoscimenti individuali.

Petrovic aveva vinto due volte la Coppa dei Campioni, due volte la Coppa delle Coppe, una Coppa del Re, tre coppe di Jugoslavia e un campionato jugoslavo a livello di club, mentre con la nazionale aveva vinto un Europeo (1989), oltre ad aver collezionato un bronzo sia agli Europei che ai Mondiali. Nel mondiale in cui la Jugoslavia era arrivata terza (Spagna 1986) era stato nominato MVP della competizione. Nello stesso anno era stato insignito del titolo di Mr. Europa in qualità di miglior giocatore del vecchio continente. Alle Olimpiadi, invece, aveva collezionato un bronzo e un argento.

Sabonis, invece, aveva vinto tre campionati sovietici, due campionati spagnoli, una Coppa del Re, una Coppa dei Campioni e una Coppa Intercontinentale, a cui vanno aggiunti i titoli vinti con l’Urss: un‘Olimpiade (1988), un Mondiale (1982) e un Europeo (1985). A livello personale era stato Mr. Europa (1985), MVP degli Europei (1985) ed MVP delle final four di Coppa dei Campioni (1995).

Le loro strade si incrociarono al Draft 1986 dove vennero entrambi scelti dai Portland Trail Blazers: Sabonis con la scelta numero 24 e Petrovic con la scelta numero 60. Purtroppo per gli amanti della pallacanestro non giocarono mai insieme in NBA; Petrovic restò tre anni in Europa prima di andare a Portland, mentre Sabonis inizialmente (fino al 1989) ebbe il divieto dalle autorità sovietiche di andare negli Stati Uniti, poi scelse autonomamente di restare in Europa fino al 1995.

Petrovic arrivò a Portland nel 1989 trovandosi come terza guardia (dopo Drexler e Porter) nelle rotazioni del coach Rick Adelman. Nessuno in Europa riusciva a spiegarsi come un giocatore capace di segnare 112 punti in una partita del campionato jugoslavo, 62 punti in finale di Coppa delle Coppe e che, con il Cibona Zagabria, aveva una media di 37,7 punti nel campionato jugoslavo e 33,8 punti nelle coppe europee non riuscisse ad avere il giusto minutaggio in NBA. Durante il suo primo anno giocò 12 minuti a partita (solitamente nel garbage time) con 7,4 punti di media. Petrovic era affranto da questa situazione, tuttavia non demorse e si concentrò sui Mondiali del 1990, da giocare in Argentina con la Jugoslavia.

In quei Mondiali Drazen giocò benissimo riuscendo a conquistare la medaglia d’oro da protagonista. Dopo l’estate esaltante vissuta in Argentina Petrovic tornò a Portland, senza trovare spazio. Finalmente il 23 gennaio 1991 venne scambiato con i New Jersey Nets, dove mostrò il suo talento. Nel primo anno completo ai Nets tenne una media di 20,6 punti a partita tirando con il 51% dal campo; negli States capirono che si trovavano davanti a un campione assoluto, che in quella estate sfidò con la Croazia le migliori nazionali al mondo alle Olimpiadi di Barcellona 1992, vincendo la medaglia d’argento dopo uno strepitoso torneo, dove perse in finale con il Dream Team di Jordan, Johnson e Bird.

Tornato in NBA fece un’altra stagione sensazionale, realizzando 22,3 punti a partita con il 52% dal campo e il 45% da tre punti. Al termine della stagione fu inserito nel terzo quintetto ideale NBA, venendo di fatto riconosciuto tra i migliori 15 giocatori della lega. Petrovic amava la giocare per la sua patria, cosa che lo spinse dopo la sua migliore stagione NBA ad andare a giocare le qualificazioni per gli Europei 1993. E durante un tragitto in macchina per andare a giocare una partita in Polonia Drazen, che stava dormendo nel posto del passeggero, perse la vita in un tragico incidente. La NBA lo introdusse nel 2002 nella Hall of Fame, tra i più grandi giocatori della storia, dove merita di stare. Quello che Petrovic avrebbe potuto fare è facilmente intuibile da tutti, quello che ha fatto è nella storia.

Sabonis, invece, arrivò nella NBA a 31 anni, fortemente limitato dai problemi fisici. Nonostante questo durante la sua prima stagione riuscì a mantenere medie importanti, con 14,5 punti a partita, tirando con il 55% dal campo, e 8,1 rimbalzi. Sabas arrivò secondo sia per il premio di rookie dell’anno che per quello di sesto uomo. Ai playoff i Trail Blazers persero contro i Jazz in cinque gare al primo turno, con Sabonis comunque protagonista con medie di 23,6 punti e 10,2 rimbalzi a partita. Il terzo anno nella lega fu il suo migliore: infatti fece registrare 16 punti, 10 rimbalzi e 3 assist di media a partita. Nei due anni successivi i Trail Blazers raggiunsero le finali di Conference, perdendo con Spurs e Lakers. Sabonis fu sempre una pedina importante della squadra, che,soprattutto pensando alla serie persa con i Lakers, incredibilmente non riuscì a vincere il titolo. Negli anni successivi si divise tra Zalgiris e Blazers, concludendo la sua carriera con la squadra lituana, con la quale fu nominato MVP della stagione regolare di Eurolega (2004).