Negli ultimi anni si è più volte assistito a reportage che hanno documentato come gli impianti e le strutture costruiti in occasioni delle più recenti edizioni dei Giochi Olimpici - sia invernali che estive - siano spesso ridotti al rango di cattedrali nel deserto, andate in disuso dopo la conclusione della manifestazione sportiva a cinque cerchi. Senza andare troppo lontano, basti ricordare quanto abbiano influito sui conti pubblici della Grecia i costi per i lavori di edificazione di tutto ciò che servì all'allestimento dell'Olimpiade di Atene 2004, oppure quanto accaduto in Italia, a Torino e dintorni dopo i Giochi invernali del 2006.
Il tema rimane di stringente attualità. Soltanto due mesi fa l'attuale sindaco di Boston ha deciso di rinunciare - irritando non poco il CIO - alla candidatura avanzata per ospitare le Olimpiadi del 2024, adducendo come motivazione l'impossibilità di sostenere i costi di preparazione di un evento dalla portata planetaria, senza farli ricadere sui contribuenti. L'organizzazione di un'Olimpiade richiede infatti un piano urbanistico particolareggiato, una rete di infrastrutture che renda facilmente raggiungibili le aree di gara, oltre ovviamente a degli impianti sportivi adeguati alle esigenze di pubblico e stampa. In questo contesto resta un modello di primo livello quello di Barcellona, sede dei Giochi estivi del 1992, dove è ancora possibile ammirare la funzionalità delle strutture della cittadella olimpica, costruite per l'occasione ma ancor oggi impiegate per eventi sportivi professionistici o come impianti di utilizzo pubblico.
Lo stadio olimpico (noto come "Olimpico del Montjuic", nonostante la denominazione ufficiale sia ora quella catalana di Estadi Olimpic Lluìs Companys), risalente al lontano 1926, fu riqualificato proprio in occasione del 1992, secondo una struttura a due anelli in grado di ospitare quasi 60.000 spettatori. A lungo casa storica della squadra di calcio dell'Espanyol - oggi trasferitasi presso il nuovo Cornellà-El Pratt - l'Olimpico di Barcellona è perfettamente tenuto, ed ancora funzionante per eventi come le partite di calcio o di rugby della nazionale spagnola, per non parlare dei campionati europei di atletica leggera, svoltisi proprio qui nel 2011. Ma tutta la cittadella olimpica, posizionata strategicamente sulla collina del Montjuic, facilmente raggiungibile da Plaza Espana, uno degli snodi principali della Ciudad Condal, è mantenuta splendidamente, immersa nel verde dell'antico insediamento catalano. Il parco, che stringe dentro di sè quello che fu il villaggio olimpico del 1992, è utilizzato poi per dare a sportivi amatoriali la possibilità di cimentarsi con varie discipline. Perfetto per una sgambata in bicicletta, possiede alcune piste di atletica dove praticare le diverse attività, nonchè piccoli campetti da basket all'aperto dove provare qualche tiro a canestro, oltre a spazi riservati a chi intende dedicarsi all'equitazione.
Il vero fiore all'occhiello del Montjuic è tuttavia il Palau Sant Jordi, impianto polifunzionale, normalmente utilizzato come palazzetto dello sport per le partite di basket del Barcellona e già destinato a battezzare un paio di edizioni delle Final Four di Eurolega (1998 e 2003) , ma all'occorrenza fruibile come campo da tennis (ha più volte ospitato incontri di Coppa Davis della Spagna padrona di casa, compresa la finalissima del 2009), e addirittura come complesso natatorio, in grado di accogliere i Mondiali di nuoto in vasca lunga, come già accaduto nel 2003 e nel 2015. Il Palau garantisce poi una costante visibilità internazionale alla città, potendo essere utilizzato anche per concerti, dove si sono esibiti nel corso degli anni band del calibro degli U2, dei Red Hot Chili Peppers, dei Coldplay e artisti di fama mondiale come Bruce Springsteen, Jon Bon Jovi, Beyoncè, Shakira, Robbie Williams e Alicia Keys.
In un mondo in cui l'impiantistica sportiva è ormai divenuta usa e getta, l'esempio di Barcellona 1992 dovrebbe essere seguito da chiunque si avventuri nell'ardua impresa di ospitare i Giochi Olimpici, come monito che ricordi che ciò che si costruisce per le Olimpiadi va preservato anche per l'avvenire.