Rafa Nadal, il n.1. Lo spagnolo, nuovamente in vetta al ranking ATP, grazie ad una straordinaria stagione in rosso e ad una notevole continuità ad alto livello, apre la sua campagna all'US Open quest'oggi. Terzo match sull'Arthur Ashe, Rafa gioca con il serbo Lajovic. L'unico precedente riconduce proprio alla terra. Roland Garros del 2014, un Nadal devastante concede la miseria di quattro giochi e chiude in tre set piuttosto rapidi.
In molti non considerano Nadal il primo favorito per il torneo in corso, aldilà della classifica e della forza dello spagnolo. Il motivo è da ricercare nel cammino di Rafa, straordinario come detto nella "polvere", ma non impeccabile su altra superficie. L'ultimo titolo risale al Roland Garros, da allora un rendimento alterno, condito da successi e battute d'arresto, alcune inattese. L'incredibile KO con Muller a Wimbledon, poi la deficitaria parentesi sul cemento. A Montreal, avvio morbido con Coric e successivo passaggio a vuoto con il talento Shapovalov. A Cincinnati, un turno in più - affermazioni con Gasquet e Ramos Vinolas - ma medesimo esito, tonfo con Kyrgios, giocatore da prendere con le molle in qualunque contesto.
Il terreno rapido sfavorisce Nadal che ha bisogno di tempo e spazio per costruire il suo gioco, per proporre i suoi colpi lavorati, allungare scambio e partita. Ecco perché, almeno in una graduatoria iniziale, Nadal rientra tra i principali protagonisti, ma non veste i panni dell'uomo da battere.
L'esordio non sembra presentare particolari problemi. Lajovic, come Rafa, ha i migliori risultati su terra - vittoria nel Challenger di Bastad e quarti a Kitzbuhel per citarne alcuni - mentre sul cemento naviga a vista. Fuori nelle qualificazioni di Cincinnati, fermato al secondo turno a Winston Salem da Bautista Agut. Non ha la necessaria consistenza per fermare Rafa, ne soluzioni potenti da impedire al maiorchino di entrare nello scambio.
Per lo spagnolo, è comunque un match importante, per "sentire" pallina e rettangolo di gioco, per prendere confidenza con l'ambiente. Il primo passo in "direzione Federer", il nome dello svizzero, inevitabilmente, rimbomba sull'Arthur Ashe.