"Mi gira ancora un po' la testa...". E' un Roger Federer leggermente stordito quello che si presenta per l'ultima volta in conferenza stampa a Wimbledon 2017, torneo vinto domenica scorsa contro Marin Cilic, ottavo sigillo di una carriera irripetibile. Il fuoriclasse svizzero, reduce dalla cena di gala del torneo e da festeggiamenti con team e amici, ha ancora la lucidità per provare a spiegare quanto avvenuto, e soprattutto per fare il punto della situazione per il futuro. "Non so cosa ho fatto la notte scorsa - dice, sorridendo, l'otto volte campione di Wimbledon - mi gira ancora la testa, forse ho bevuto qualche drink di troppo. Dopo il ballo di gala, siamo andati in un locale a festeggiare con trenta o quaranta amici. Ci siamo divertiti, sono andato a letto alle cinque. Quando mi sono svegliato, non mi sentivo granchè bene, me da un'ora mi sembra di essere tornato nuovamente in buone condizioni. E' stata una bella serata".

Roger Federer. Fonte: AELTC

E, dopo i festeggiamenti, quale sarà il prossimo obiettivo? "Ora l'obiettivo è godersi questo successo, godersi il titolo di campione di Wimbledon. Non mi sono mai prefissato un numero di tornei dello Slam da vincere. Ero già soddisfatto di averne conquistati diciassette, un numero meraviglioso. Poi sono diventati diciotto, ora diciannove: è grandioso. Ciò che mi interessa adesso è godermi il momento, rimanere sano e continuare a giocare per questi titoli". Un Federer che coglie delle differenze nell'evoluzione del gioco dai tempi del suo primo trionfo ai Championships, datato 2003, e l'ultimo, di neanche quarantotto ore fa: "Quando devo affrontare un giocatore, guardo le sue statistiche, e spesso mi ritrovo contro avversari che in tutto il torneo hanno fatto solo il 2% di serve and volley: è spaventoso. Mi piacerebbe vedere più giocatori, ma anche più allenatori, capire che è importante venire a rete, per provare ad ottenere qualcosa di buono. L'alternativa è una durissima battaglia da fondo campo con Andy Murray, Novak Djokovic e Rafa Nadal. Buona fortuna, se sei numero cinquanta del mondo. I ragazzi più giovani potrebbero scegliere di non giocare in quel modo, ma invece il più delle volte vengono risucchiati in un tipo di gioco in cui non vogliono attaccare. La realtà è che la generazione successiva alla mia e a quella di Rafa non è stata abbastanza forte da contrastarci. Tutto ciò ci ha aiutato a rimanere sempre ai vertici".