Dieci morsi in dodici anni, uno più importante dell'altro. Però, quello che Rafael Nadal ha dato ieri alla decima Coppa dei Moschettieri è sicuramente il più bello, arrivato dopo un lungo abbraccio che sanciva il definitivo ricongiungimento di una delle coppie storiche del tennis: il Roland Garros e il mancino di Manacor. Un ricongiungimento arrivato dopo due anni di cammino fatto di sofferenza, in cui ha attraversato diversi cerchi dipinti dal Dante nel suo Inferno, ma che proprio come il poeta fiorentino è culminato nell'arrivo all'Empireo.
Nadal, che a differenza del Dante è un guerriero, ha affrontato l'Inferno con la grinta a cui ha abituato tutti noi in questi lunghi anni di carriera e senza la quale non si sarebbe ripreso dal disastroso 2015, chiuso con prestazioni da tennista nella norma e senza alcun titolo vinto, e dall'ennesimo infortunio subito al polso nello scorso Roland Garros. Il dolore lancinante a quell'articolazione, così fondamentale nel gioco del mancino di Manacor per imprimere il suo top spin alla palla, lo aveva reso un giocatore battibile e vulnerabile, ma si sa, un guerriero esce sempre rafforzato dalle sue sconfitte. Il 2017 ci riconsegna un Nadal rinvigorito, fisicamente e soprattutto mentalmente, che si dimostra già vincente ad Abu Dhabi e poi tornato in sé all'Australian Open dove dopo tanto torna a vincere una sfida al quinto set, lanciando chiari segnali all'intero circuito. Lo Slam australiano termina con la sconfitta contro il grande rivale di sempre, ma il messaggio che rimbalza in tutto il globo è "il mancino di Manacor è tornato".
Indian Wells e Miami dipingono lo spagnolo come Achille, forte ma con un punto debole, ma la stagione sul rosso è ormai alle porte e Nadal ripara bene il suo tallone vincendo a Barcellona, a Madrid e a Montecarlo. A Parigi, lo spagnolo, si presenta come l'Achille 2.0, un guerriero veloce e letale che lascia le briciole ai suoi avversari, in questo caso rappresentate da 33 games e zero set. Il suo rivale finale, come Ettore nell'Iliade, prova a rifugiarsi nella sua difesa con qualche contrattacco, ma proprio come nel poema omerico l'affondo di Nadal arriva inesorabile, sotto forma di un dritto lungolinea che mette moralmente ko Wawrinka.
Il trionfo e la celebrazione successiva è prassi ormai stabilita, ma la commozione di Rafa no. Segno che un successo così importante gli serviva per potersi convincere di essere davvero tornato. Ora c'è la prova del nove, l'erba e un torneo che potrebbe catapultarlo in testa al ranking mondiale dopo tre anni.