Giorno di finale. Alle 15, in palio, sul Chatrier, la corona femminile. Simona Halep affronta Jelena Ostapenko. La favorita della vigilia, la Halep appunto, incrocia la racchetta con la sorpresa lettone. Vent'anni, da una manciata di ore, il piglio della campionessa affermata. Un'ascesa repentina, dai campi di periferia al centrale parigino. Sulla terra, il tennis di corsa e rincorsa, di affondo e vincente della Ostapenko trova la sua massima espressione. Nella polvere emerge la sua anima guerriera. Quattro vittorie al terzo, due in rimonta, con Stosur e Wozniacki, non possono essere un caso. La Ostapenko bussa alla porta delle prime al mondo, sul rosso, probabilmente, è già nell'élite della racchetta.
L'esame odierno si presenta, per lei, probante, affronta infatti la n.1 riconosciuta sulla superficie, campionessa a Madrid e finalista a Roma. La Halep parte in vantaggio ed ha un arsenale in grado di limitare il braccio armato della rivale. Prestanza fisica, capacità estrema di difesa e recupero, intelligenza tattica. Due modi diversi di interpretare la partita, la forza bruta della Ostapenko e la resistenza della Halep. Per la rumena, un brivido, ai quarti. Sotto 63 51 con la Svitolina, poi rientro e vittoria, con la complicità dell'ucraina. In semifinale, sigillo 63 al terzo con Karolina Pliskova. Simile, la ceca, alla Ostapenko. Pallina pesante, soluzioni definitive. Rispetto alla Pliskova, Jelena riesce a spremere dal suo corpo e dalla sua mente qualcosa in più, ama la lotta serrata, senza esclusione di colpi.
Quello odierno è il primo confronto tra Halep ed Ostapenko, non c'è quindi alcun precedente a cui attraccare analisi e prospettive. Si corre su un filo sottile, tra sogno e realtà, propositi ed attesa.