Rafa Nadal non è tipo da lacrime. Eppure la sua espressione al momento della premiazione della finale 2017 degli Australian Open era terrea. Nemmeno la consapevolezza di essere tornato a ottimi livelli è riuscito a rincuorarlo. Troppo forte la delusione per essersi fatto sfuggire di mano un match che il maiorchino riteneva in controllo, come confessato ai giornalisti in conferenza stampa all'interno della Rod Laver Arena: "Peccato, sarebbe bastato tenere altre due volte il servizio per vincere. Ero in vantaggio, ma Roger ha iniziato a colpire benissimo, impostando lo scambio su pochi colpi. Ha rischiato, gli è andata bene, complimenti a lui. Mi è mancata un po' di rapidità negli spostamenti laterali, ma sono fiducioso per la stagione sul rosso".
Un Nadal deluso, per certi versi sorpreso, quello che ha visto sfumare la possibilità di sollevare al cielo il quindicesimo titolo Slam della carriera, il secondo a Melbourne. Forse nemmeno lui, che Federer lo conosce meglio di tutti, si aspettava una reazione del genere da parte del suo grande rivale, capace di tenergli testa come mai accaduto prima sulla diagonale sinistra, e di rimontare quando tutto sembrava perduto. Ma cosa ha da rimproverarsi Rafa, uscito sconfitto con onore, secondo quanto riconosciuto dello stesso vincitore? Poco, contro un Federer del genere. Pochissimo, pensando al torneo disputato. Giunto in Australia con certezze tutt'altro che incrollabili, lo spagnolo ha via via trovato il modo di adattare il suo tennis alla superficie dei campi di Melbourne (altra chiave di interpretazione dello svolgimento del torneo), superando ostacoli come Alexander Zverev, Gael Monfils, Milos Raonic e Grigor Dimitrov. Due top ten e due giovani dallo sconfinato talento. Ha ritrovato antiche certezze, quelle del lottatore indomito, ha limitato gli errori di dritto e reso più solido il rovescio, disinnescando il servizio di un grande battitore come il gigante canadese. Dunque, cos'è mancato a Nadal per vincere il torneo, the ultimate challenge, come da definizione di Federer? Se è vero che il diavolo si nasconde nei dettagli, è qui che Rafa ha finito col perdere la sua grande occasione. I fantasmi del passato, che alla vigilia in tanti attribuivamo solo allo svizzero, hanno popolato invece anche la mente del maiorchino, che di recente al quinto ha perso match dolorosissimi da digerire. Come accaduto a New York contro Lucas Pouille ad esempio, e come verificatosi con lo stesso Fernando Verdasco nell'edizione 2016 degli Australian Open.
Sconfitte che non hanno aiutato Nadal nel momento chiave del match, quando il mancino di Manacòr è stato costretto a fronteggiare le ondate della mareggiata Federer, finendo con l'esserne travolto. Un paio di dritti non impossibili tirati fuori, un doppio fallo e l'improvvisa (per certi versi inattesa) totale ribellione dell'avversario alla sconfitta lo hanno trovato impreparato nella volata finale, da sempre il suo terreno di caccia favorito. Dal punto di vista tecnico, Rafa ha sofferto dannatamente il rovescio coperto del suo miglior nemico, che non solo gli ha tolto ritmo e pregiudicato il piano partita, ma gli ha visto anche perdere gli abituali punti di riferimento. Niente back sui quali spingere di dritto lungolinea, ma tante palle da rincorrere a destra e a sinistra, come un pugile che di improvviso non sa come schivare i colpi dall'avversario. L'effetto sorpresa ha funzionato, e la condizione atletica non è stata poi un elemento a lui favorevole, perchè se è vero che si è giunti al quinto, è altrettanto indubbio che il match sia volato via velocemente, forse troppo per le abitudini del maiorchino. Altra chiave è stata la risposta al servizio: la strategia di rispondere lontano dal campo stavolta non ha pagato, a differenza di quanto accaduto con Dimitrov. Mentre il bulgaro, che pure aveva servito bene, non era riuscito a variare le sue battute, Federer non ha concesso al rivale una lettura uniforme alla risposta. Anzi, tagliando gli angoli con un servizio spesso dal piazzamento esterno, lo svizzero ha trovato la contromisura giusta ai colpi in top di Rafa, rendendolo meno pericoloso a inizio scambio. Rimane comunque un torneo positivo per il maiorchino, ora atteso a confermare quanto mostrato in Australia anche nei prossimo mesi, che precederanno l'avvicinamento al Roland Garros.