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Flavia Pennetta e Roberta Vinci stringono felici la coppa appena vinta. Era il 1997 al Torneo dell’Avvenire di Milano, trampolino di lancio per futuri campioni, quello che - per dirla con Rino Tommasi - “non sbaglia mai un pronostico”. Flavia e Roberta, adolescenti di belle speranze con le guance rotonde e la divisa da circolo, si imposero nel doppio, ponendo le premesse di una carriera da grandi, tra i grandi.

Pressoché coetanee, unite nelle origini pugliesi, nello sport, in una parabola tennistica parallela fatta di successi, tormenti e rinascite, che le consacra con merito proprio in dirittura di arrivo, in una finale da fiaba per loro e per noi tutti.

Per aspera ad astra: il calvario del polso per Flavia, culminato nell’operazione e in una dura ripresa; lo smarrimento di Roberta, segnata dall’addio al doppio dei record con Sara Errani e incapace di risollevarsi, fino all’inizio di questa estate americana.

Ora tutto è svanito. In un 11 settembre newyorkese Flavia e Robi son parse due torri incrollabili, capaci di sfiorare il cielo col loro tennis così diverso, ma identico per grinta e passione. Una staffetta azzurra che ha tramortito in sequenza la n°2 e la n°1 al mondo, e che si tramuterà inesorabilmente in derby fratricida, quando le due si affronteranno, a occhi chiusi, nel melodramma finale. L'occasione, unica per entrambe, di firmare uno Slam in singolare contro una rivale possibile. 

Flavia e Robi, divise solo da una rete, tenteranno di addentare la Grande Mela un’ultima volta, lasciando i ricordi all’imbocco del tunnel: alle 21 di stasera, quando gli occhi degli italiani incollati allo schermo brilleranno per loro, quando l’apoteosi dell’una sarà beffa per l’altra.

Per l’Italia, in ogni caso, sarà un trionfo.