Con la vittoria di domenica al Gerry Weber Open di Halle, torneo Atp 500, Roger Federer ha raggiunto quota quindici tornei vinti sull'erba, staccando sempre di più Pete Sampras nella speciale classifica dedicata agli erbivori. Per il numero due del mondo l'appuntamento sul verde tedesco è ormai una piacevole abitudine, un rito che si celebra con cadenza praticamente annuale e che vede Re Roger avvicinarsi trionfalmente a Wimbledon, da sempre lo Slam intorno al quale ruota l'intera stagione del fuoriclasse svizzero.
Il 7-6 6-4 inflitto all'ottimo Seppi visto in finale segna l'ottavo sigillo di Federer ad Halle, suo torneo prediletto tra quelli "minori" (non ricompresi nella categoria Grand Slam o Masters 1000) insieme a quello di casa sull'indoor di Basilea. Ma in fondo anche il Gerry Weber Open è ormai a tutti gli effetti la casa, o meglio il giardino, di Fedexpress, sempre a suo agio sui prati verdi sin dai tempi in cui sconfisse Pete Sampras (correva l'anno 2001) sul centrale di Wimbledon. I rimbalzi bassi, la possibilità di accorciare gli scambi venendo a rete, la maggiore incisività del servizio, sono solo alcuni dei fattori che rendono l'elvetico l'unico superstite di una categoria ormai estinta, quella dei grandi giocatori da erba, i cui ultimi grandi interpreti sono stati, oltre al fenomenale Pistol Pete, Pat Rafter e Tim Henman.
Probabilmente Roger avrebbe preferito vivere e giocare nell'epoca in cui tre tornei dello Slam si giocavano sui prati verdi (Australian Open, Wimbledon e Forrest Hills), e in cui non esisteva ancora l'omologazione delle superfici che caratterizza il circuito contemporaneo. Palle più lente e un'erba meno scivolosa, introdotte per limitare i vantaggi dei grandi battitori, hanno via via sostituito il tradizionale verde degli anni Ottanta e Novanta, al punto da consentire al grande Gianni Clerici di coniare una delle sue espressioni più riuscite, quella di "erba battuta". Ciononostante Federer continua, a 33 anni suonati, a incantare i suoi tifosi, nei secoli fedeli, con giocate di tocco e voleè perfette, in uno stile di gioco in buona misura desueto, ma ancora tremendamente affascinante.
Chi ricorda il giovane Federer del 2001 contro il vecchio Sampras nella partita del passaggio del testimone di quegli ottavi di finale di Wimbledon ha ancora in mente un giocatore capace di giocare il serve and volley sia sulla prima che sulla seconda di servizio. L'evoluzione del gioco ha fatto sì che anche lo svizzero dovesse adeguarsi ai cambiamenti in atto, costringendolo sulla linea di fondo a battagliare di rimbalzo con atleti migliori di lui. Solo negli ultimi due anni, da quando Edberg, altro esponente di lusso della categoria erbivori, ha preso in mano le decisioni strategiche del gioco di Federer, si è rivisto un giocatore ancora più aggressivo nel cercare la rete allo scopo di chiudere il punto in pochi colpi e di evitare scambi da marathon man, da sempre indigesti contro avversari come Djokovic e Nadal.
A una settimana da Wimbledon riesce difficile non considerare lo svizzero tra i primi due o tre favoriti del torneo, nonostante l'età e la distanza (tre set su cinque) siano senza dubbio fattori a suo sfavore. Ma il Federer del 2015 pare aver raggiunto una tranquillità interiore tale da non scalfirne le certezze, al termine di una carriera leggendaria che non vuole saperne di chiudersi in modo brusco. Da testa di serie numero due, con un sorteggio benevolo del tabellone, sarebbero in pochi a scommettere in una debacle dell'elvetico a Wimbledon. D'altronde, come ad Halle, le chiavi del centrale (il Tempio, come è denominato il mitico impianto di Church Road) sono ancora sue, e lo saranno sin quando l'ultimo esponente di un tennis tanto antico e fantasioso non deciderà di ritirarsi. Da vincente, of course.