Alcuni la giudicano inadeguata alla situazione, altri provano un'ammirazione quasi romantica per la sfida intrapresa, e noi ci sentiamo di appartenere decisamente alla seconda corrente di pensiero, un po' per spirito nazionale, un po' perchè spingersi oltre i propri limiti resta sempre un grande obiettivo nella vita di ciascuno. L'avventura della vettura numero 356 alla Dakar, ovvero della Panda Cross 4x4 soprannominata per l'occasione PanDAKAR, nasce proprio così, dalla consapevolezza che i limiti esistono ma che essi possono essere superati con la voglia di dimostrare a se stessi ed al mondo che anche una "piccola" può dire la sua. L'obiettivo che il team Orobica Raid si è prefissato naturalmente non è quello di ambire alla vittoria, ma quello di arrivare al traguardo finale di Buenos Aires: non è da considerare roba da poco, perchè prima di giungere alla capitale argentina ci saranno migliaia di chilometri da percorrere, salite aspre, terreni scoscesi e problemi tecnici, come quelli che sono capitati nel corso della 4° e 5° tappa, ma che sono stati fortunatamente superati.
Andando a snocciolare i dati tecnici della PanDAKAR, come già detto essa di base è una Panda Cross 4x4, ma in comune con la versione acquistabile presso tutti i concessionari ha solo il telaio. Il team Orobica Raid ha infatti svolto nel corso degli anni un lavoro certosino volto a migliorare l'affidabilità ma anche le prestazioni della vettura, dedicando grande attenzione alle sospensioni, estremamente sollecitate dai terreni irregolari e pieni di insidie nascoste lungo il percorso, allo scopo di migliorare l'assorbimento degli urti per preservare il più possibile tutta la meccanica da noie tecniche. La Panda inoltre ha visto sostituito il suo motore originale da 1300 cc con una specifica potenziata da 1900 cc, in grado di erogare una potenza massima intorno ai 190 cavalli, un dato notevole per una vettura piccola. La Dakar prevede quest'anno molte tappe ad un altitudine superiore anche ai 3000 metri, logoranti sia per i piloti Giulio Verzeletti e Antonio Cabini, sia per il turbo del motore, che riceve meno ossigeno in quanto l'aria ad alta quota è più rarefatta; per questo motivo la pressione del turbo è stata adeguata per non incorrere in problemi.
La PanDAKAR aveva partecipato alla Dakar anche in altre occasioni, tuttavia non è mai riuscita ad arrivare alla fine della corsa. Quest'anno si respira un cauto ottimismo per il raggiungimento dell'obiettivo, sono stati dedicati due anni allo sviluppo della macchina per permetterle di migliorare e in queste prime tappe, nonostante ci siano stati probelmi tecnici che hanno rallentato l'avanzata, lo spirito positivo non è mai venuto meno tra i piloti. La Panda col numero 356 rappresenta la voglia di non mollare e di stringere i denti per portare il tricolore in alto, e allora forza Verzelletti e Cabini, conducendola fino a Buenos Aires diventerete i nostri eroi, eroi dello sport italiano, eroi di sognatori che troppo spesso vedono i loro sogni infrangersi, ma che non per questo rinunciano a rincorrere grandi obiettivi.