Positività: la Ferrari riparte da qui. L’Australia è alle spalle e lo sguardo già rivolto al prossimo gran premio, in programma il prossimo 3 aprile sulla pista bahrenita di Sakhir.
Il debutto di Melbourne è andato in archivio con un retrogusto dolce-amaro, difficile stabilire quanto fosse pieno il bicchiere. Ma una cosa è certa: i test invernali non mentivano sulla sostanziale bontà della SF16-H. La Rossa è stata protagonista, ha messo all’angolo la Mercedes ma non ha potuto o saputo concretizzare il vantaggio iniziale: colpa della bandiera rossa e del turbo in panne che hanno stroncato le ambizioni di Vettel e Raikkonen.
Sfortuna, certo, ma non solo. Per alitare sul collo delle Frecce d’argento la Ferrari dovrà intervenire su qualifica, affidabilità, strategia: tre carenze che la corsa australiana ha messo impietosamente a nudo, tre aspetti imprescindibili al raggiungimento dell’obiettivo, posti in ordine di priorità e peso specifico ma anche per il grado di strutturalità ad essi connesso.
QUALIFICA - Posto che l’errore fatale è giunto in gara, il tallone d’Achille della Ferrari è e resta il sabato, la resa sul giro secco. In Australia Vettel ha rimediato 8 decimi dal best lap di Rosberg; sarebbe potuto scendere a 5 se avesse tentato il secondo run (il gap rimediato in Q2 lo dimostra), ma la sostanza non cambia: così non va.
Serve una marcia in più per aspirare alla pole. O quantomeno alla prima fila, premessa obbligatoria per giocare d’attacco e far sì che siano gli altri a dover rincorrere in pista e nelle strategie. Lo si è visto a Melbourne, dove solo l’autogol del muretto rosso ha permesso ai rivali di capovolgere la situazione ai danni di Vettel. Se così non fosse, la Mercedes sarà libera di giostrare (quasi) a piacimento le dinamiche di gara, con esiti giocoforza favorevoli.
Dove scovare la extra-performance necessaria? Difficile dirlo. Le regole attuali restringono i margini di sviluppo e, di conseguenza, la possibilità di riscrivere le gerarchie in pista. I gettoni motore daranno una mano nel corso dell’anno ma anche la Mercedes potrà usufruirne, in misura persino maggiore: sui 32 disponibili, i tedeschi ne hanno finora spesi 19 contro i 23 del Cavallino.
Allora è più probabile che i destini Ferrari si intreccino alle geometrie del nuovo push-rod anteriore e alla capacità di farle funzionare a dovere per mettere la mescola più rapidamente “in finestra”. La riluttanza nello scaldare le gomme è un limite che si trascina da tempo e che, stando allo sfogo di Raikkonen nel post-qualifiche australiano, non pare del tutto risolto.
Questa la priorità degli ingegneri, confermata da Arrivabene: la Rossa deve scattare davanti e far da lepre. Aggiungiamo: senza cullarsi sullo scatto prodigioso che pure ha fiondato la coppia Ferrari in testa alla gara di Melbourne. Quello deve restare un plus, il jolly a cui attaccarsi in via estemporanea.
AFFIDABILITà - Ferrari ha già spuntato la prima casella alla voce ritiri. In Australia è toccato a Raikkonen arrendersi alla rottura del turbo: fortuna vuole che V6 endotermico e MGU-K non abbiano subìto danni, e il finlandese potrà prendere il via in Bahrein con la stessa unità. 4 invece i turbo rimasti, che Kimi dovrà farsi bastare per i restanti 20 gp: in pratica uno ogni 5.
Lo stop non deve spaventare, quantomeno fino alla controprova del Bahrein, sebbene rafforzi inevitabilmente il timore che a Maranello abbiano preso rischi notevoli per cercare di agguantare la Mercedes. Specie nel disegnare un posteriore così rastremato, di certo più efficace sul fronte aerodinamico ma poco funzionale allo smaltimento termico. Ferrari non ha precisato l’origine del guasto ma l’eventuale surriscaldamento causato dalla bandiera rossa per il botto di Alonso aggiungerebbe credito all’ipotesi esposta.
STRATEGIA - Il muretto Ferrari ha iniziato l’anno così come aveva concluso il 2015: sbagliando. E sempre per un errore di sottovalutazione. Ad Abu Dhabi un super-competitivo Vettel fu eliminato addirittura in Q1, trattenuto erroneamente ai box nel tentativo di risparmiare gomme e di fatto estromesso dai giochi per la vittoria già al sabato.
In Australia è stata la strategia a bruciare le chance del tedesco perché non si pensava che la Mercedes potesse arrivare in fondo con le medie, malgrado il vantaggio di posizione e l’edizione 2015 incoraggiassero la via più conservativa (Hamilton vinse lo scorso anno con una sola sosta, montando le medie al 25° giro).
Va detto a onor del vero che son stati fin qui gli unici abbagli presi dagli strateghi del nuovo corso Ferrari. E che nel 2015 il muretto ha sempre dato prova di reattività e sicurezza, guadagnandosi buona parte di merito nei risultati ottenuti. Tuttavia sarà bene prestare maggiore attenzione d’ora in avanti per tornare ad essere un valore aggiunto piuttosto che un handicap.