Quando si dice essere profetici. Alberto Puig se l'è cresciuto e ha sentenziato, ora Dani Pedrosa sale a Motegi sul gradino più alto del podio per la 50° volta, sfruttando la pioggia, forse una mole più leggera, sicuramente il talento.
Aveva ventilato un possibile ritiro, aveva affrontato l'umidità come un gatto in procinto di un bagno imposto e aveva subito critiche e insinuazioni schiacciato da pezzi da novanta quali Stoner e Marquez: ora però è lui, il pilota piccolo e fragile amato da tutti, a regalare alla Honda il trionfo in casa dopo un paio di anni di magra.
Proseguendo la striscia di almeno una vittoria per ogni anno di carriera, Dani ha fregato il duo in blu, quelli che sgomitano per l'iride, e nel più classico degli epiloghi gode tra i litiganti. La spiegazione è tecnica, semplice ma non scontata, con l'andatura a tartaruga prima e la delicatezza poi a salvare il pneumatico per i giri finali. Il motore della sua Hrc è aggressivo e impone morbidezza sull'acceleratore, specie in un tracciato stop-and-go con tante cambiate a marce basse, però sono lo spagnolo e la sua innata capacità a fare la differenza.
Puig, proprio nella precedente gara di Aragon, aveva commentato i vari stili dei piloti e affermava che solo Stoner e Pedrosa riescono a tirare su la moto tanto velocemente e soprattutto capire il momento giusto per aprire il gas, con una modalità fluida e graduale che permette maggior vita alla gomma. Se nello specifico le sollecitazioni sono soprattutto sul posteriore, allora interviene il peso, quella corporatura esile che a volte è uno svantaggio e altre l'opposto, a preservare l'anteriore.
Al contrario di quanto detto da Jorge Lorenzo in conferenza stampa, non si riduce tutto alla fortuna ma ad un insieme di variabili che Torero Camomillo ha sfruttato. La pioggia, lo stile e madre natura non agirebbero senza l'intervento concreto della persona, per questo oggi Dani ha vinto e Valentino Rossi ha guadagnato altri 4 punti alimentando l'impresa. Jorge, esigente e perfezionista, capisca in fretta, perché il potenziale immenso è inutile se non lo si sa adattare e incanalare: a furia di alibi il rischio è di rimanere con un pugno di mosche.