Ad Aragon Jorge Lorenzo guadagna 9 punti, Valentino Rossi ne lascia per strada 4 di troppo e spera di non rimpiangerli alla fine. Storie di calcoli e conti in prospettiva iridata che però per una volta, prima del rush finale, finiscono in sordina di fronte alla bellezza di giornata: il duello italo-spagnolo Pedrosa-The Doctor.
La coppia che non ti aspetti, almeno per una metà, apre le menti e riempie gli occhi, non solo nelle fasi concitate dei sorpassi, ma pure nell'inseguimento precedente. Francobollati l'uno all'altro, con l'inserimento iniziale di un bravissimo Andrea Iannone, Dani e Vale corrono veloci e costanti, perdendo e recuperando alternativamente a seconda dei settori. L'italiano mette a posto la staccata e firma crono rapidissimi nel secondo e nel quarto tratto di pista, mentre il rivale approfitta del terzo segmento dove, guarda caso, proprio il primo si era rivelato più efficace in prova. Questione di sottili equilibri che tuttavia sul traguardo si pareggiano e obbligano il battistrada a evitare rilassamenti, pena l'immediato riaggancio.
L'apoteosi è ovviamente nella lotta corpo a corpo che suggella la prestazione abbinata alla personalità. Che carattere mostrato da Torero Camomillo! La “prepotenza” con cui accompagna Valentino all'esterno facendogli perdere la pedana e toccare l'erba sintetica continua a generare incredulità e ammirazione, considerato l'abituale temperamento. Rossi, invece, con quel recupero immediato segnando il miglior intertempo di gara e il sorpasso impossibile alla penultima curva lascia attoniti, tra rischi necessari ed eccessivi e un'anagrafe/palmares che spingerebbe ad altro. Preso atto poi che a questi sono preceduti almeno altri cinque-sei botta e risposta, è facile comprendere la portata della competizione.
Pedrosa è orgoglioso, quasi emozionato, perché ha battuto il maestro dell'arte del combattimento. Il 46 un po' meno, si è divertito ma non manifesta soddisfazione: non avere la meglio in questo tipo di situazioni è sempre scocciante. Resta la competitività per entrambi e la puntuale e camaleontica trasformazione del secondo. Roba da dubbio amletico, eppure in fondo di curiosa abitudine perché ben vengano gare così: storie di una domenica di fine settembre in cui i numeri restano sullo sfondo e le scene d'azione rubano il primo piano.