Era la prova del nove. L'appuntamento spagnolo sul circuito di Jerez significava molto per diversi protagonisti della Motogp, da Lorenzo a Marquez, da Rossi alle Ducati. Qualcuno esulta, qualcun altro sorride, qualcun altro ancora torna a casa deluso.
Jorge Lorenzo voleva la vittoria, l'ha cercata ferocemente, l'ha sottolineata con un'egemonia indiscutibile. Soffriva le critiche e la diminuita considerazione e non c'era modo migliore per zittire dal primo all'ultimo con un trionfo assordante. Una rondine non fa primavera, è certo, ma il maiorchino risponde da gladiatore, con fiducia ritrovata e voglia di rivalsa, e alterna indi propositi cauti a gesti rabbiosi.
Marc, al contrario, era chiamato a mostrare maturazione e intelligenza e la gestione dell'infortunio, della necessità di evitare assolutamente altri passi falsi, nonché del desiderio altrui di un'esacerbata rivalità con Rossi ha superato l'esame con ampio margine. E' una stagione in salita la sua, ma il funambolo della Honda sa che significherà crescita e che dopo riscuoterà abbondantemente.
Se i due spagnoli erano sotto osservazione, Rossi, in realtà, non aveva bisogno di ennesime verifiche, il nove avrebbe soltanto sostituito il numero nella casella delle vittorie sulla pista amica, dove (coincidenza) festeggiò il famoso siparietto del bagno nel 1999 e nel 2009. Stavolta l'italiano non trova l'ultimo sussulto post-warm up, però si accontenta del 200° podio (come lui nessuno mai) e allunga sui rivali: se questo nove (ancora) lo ha stancato, per il decimo titolo serviranno anche giornate così.
Purtroppo, concludono la lista degli iscritti gli alfieri delle Rosse, che in gara tra errori e poco feeling sciorinano prestazioni al di sotto delle aspettative. Amareggiati e consapevoli, è lo scotto da pagare quando si è in una situazione di work in progress. I due Andrea capiranno e torneranno: il campionato, in attesa del rientro di Dani Pedrosa, non pare lasciar dubbi su una lotta a sei punte.