Gran Premio di Argentina un anno dopo. Valentino Rossi ancora una volta fa della tappa sudamericana la chiave di volta di una stagione, quella che traccia le linee e definisce le ambizioni. Dodici mesi fa si trattava di capire la competitività su tutto l'arco di gara e su tutti i circuiti col fine ultimo del podio, quest'anno si trattava di confermare l'avvenuto salto di qualità per cui l'obiettivo reale è la vittoria.
Le prove inconfutabili vengono dal cronometro più che dal risultato, con quel ritmo che quando conta non manca mai ed è sempre al pari della concorrenza. Valentino è così, un motore diesel che carbura pian piano nei giorni ed è esce in tutta la sua potenza al semaforo verde, senza remore e tentennamenti. Analogamente la Yamaha è una moto “perfettina”, che richiede lavoro di fino e pretende pazienza, salvo presentarsi puntuale alla domenica, minando più di una certezza nei rivali. Forse pure per questo motivo Marc Marquez ha deciso di rischiare con uno pneumatico differente, resosi conto nel warm up di non avere grandi vantaggi a parità di scelta.
L'epilogo di una cavalcata capolavoro è triste, perché priva di un bel duello e non rende i giusti meriti, però la prestazione di Rossi è e rimane notevole, rimandando ai bei tempi quando le rimonte nelle seconde metà di corsa erano più di un “una tantum”. Sapeva di poter puntare su questa strategia, alla luce dell'esperienza della stagione passata, e ha optato per la soluzione che garantiva la maggior velocità nel totale dei 25 giri. E' una dimostrazione di lucidità e una dichiarazione di intenti per la ferocia con cui è stata messa in pratica.
Valentino cercava l'ultimo tassello per crederci e allo stesso tempo con la calma e l'esperienza di un multititolato che non ha più nulla da dimostrare vola basso. Pare una contraddizione eppure certifica la solidità e la consapevolezza con cui fino alla fine cercherà il colpo grosso. Nel frattempo dietro Dovizioso non molla l'osso e in silenzio raccoglie punti pesanti, mentre gli studenti dell'Academy (Fenati e Morbidelli) mostrano di star imparando dal “professore” l'arte dei recuperi impossibili.