Cinque parole come le lettere che compongono il nome Lewis. Cinque parole per descrivere un campionato contraddittorio, monotono e allo stesso tempo avvincente. Stelle, affidabilità, caos, giovani e indifferenza: cinque parole-chiave di una stagione complessa.
Stelle. Sono quelle luminose e quelle affievolite, quelle a tre punte della Mercedes con vettura, Nico e Lewis e quelle degli ex protagonisti Alonso e Vettel. Le prime hanno dominato, hanno prodotto scintille, sono maturate e cresciute: il 2014 è stato l'anno perfetto dei campioni del mondo nonostante gli errori, perché ha sublimato un percorso individuale e di squadra. Più forti e consapevoli, Hamilton ha imparato a gestire, Rosberg ha fatto esperienza, le Frecce d'Argento hanno affinato. Al contrario Seb e Fernando si appannano, uno perde feeling e convinzione, l'altro mantiene voracità ma cede al rompicapo del Cavallino: abbattuti e sconsolati, da campioni alla ribalta passano a comprimari frustrati, con la differenza che lo spagnolo sa di aver raggiunto un livello altissimo di guida mentre il tedesco spera di chiudere una parentesi isolata e di replicare l'epopea Schumacher.
Affidabilità. Le complicate Power Unit hanno mietuto vittime ad ogni fine settimana e hanno inevitabilmente posto la ciliegina sulla torta pure all'ultima uscita. Non se lo meritava Rosberg, anche solo per dignità, così come non se lo sono meritati prima i calimeri di turno. Vettel ha finalmente compreso lo stato d'animo del vecchio compagno Webber, Hamilton ha rischiato l'esaurimento nervoso. “Non vogliamo che l'affidabilità decida il titolo” Toto Wolff dixit. A prescindere dall'esito giusto e inappellabile, ha influenzato un bel po' le classifiche finali.
Caos. Tecnico, regolamentare, economico, italiano. Fric, comunicazioni radio, pneumatici apparivano e scomparivano come fantasmi. Un giorno sono i doppi punti, un altro le tecnologie moderne per stare al passo dei tempi, un altro ancora i motori da “scongelare”, salvo poi dichiarare che è tutto sbagliato e va rivoluzionato. Rivoluzioni economiche sgradite per mettere toppe a buchi di budget e a spese fuori controllo vengono puntualmente sedate (incaricare una figura super partes?), mentre le rivoluzioni a Maranello non trovano fine e creano una confusione preoccupante laddove chiunque invoca stabilità.
Giovani. La faccia bella del mondiale sono Ricciardo e Bottas, due agli antipodi eppure ugualmente arrembanti. Daniel ha dato colore a una tela monocromatica con i suoi sorpassi, la sua velocità e il suo sorriso; Valtteri ha portato la Williams agli antichi fasti, consistente e costantemente in crescita. Uno ha vinto l'altro ancora no, entrambi però sono definitivamente emersi e hanno lasciato il segno. Il futuro è loro come buona parte del presente, mentre dietro crescono e si fanno largo altre facce in attesa dell'occasione giusta.
Indifferenza. E' l'atteggiamento del circus a tutto ciò che non rientra nella logica del denaro e dello show business. La crisi, l'etica, la sicurezza sono corollari poco importanti e ne pagano le conseguenze i più deboli. Jules Bianchi in realtà sta pagando più di chiunque altro, eppure a conclusione del grande spettacolo non c'è stata una parola in suo ricordo, figurarsi un mossa esemplare per rendere giustizia o evitare il ripetersi di altri drammi.