A Marca Plus, Borja Valero si racconta in una lunga intervista, in cui analizza l'inserimento nella realtà Inter e l'addio, difficile, alla Fiorentina.
Borja è stato uno dei "casi" dell'estate, con la trattativa tra Fiorentina e Inter che è durata a lungo ed è andata a buon fine, nonostante l'amore dell'ex Villarreal per i colori viola: "Ero convinto che avrei chiuso la carriera a Firenze, ma si sono venute a creare tutte le condizioni per venire all'Inter e so di essere fortunato ad avere avuto questa chance alla mia età. Venendo qui ho fatto un passo avanti".
I motivi che si celano dietro l'addio non sono mai stati chiariti. Fino ad oggi, con Valero che spiega per filo e per segno cosa sia successo tra lui e i vertici gigliati, raccontando come sia comunque stata dura lasciare Firenze per una nuova squadra: "Pantaleo Corvino aveva un modo di pensare diverso dal mio, non andavamo d'accordo e il rapporto si è rotto. Non potevo rimanere in un posto dove non andavo d'accordo con quello che era il mio capo, così ho deciso di ascoltare le varie offerte. Luciano Spalletti è stato quello che ha insistito per avermi, mi ha dato molta fiducia. Non è stata una questione di soldi, altrimenti sarei andato in Cina il Natale scorso, mi offrivano tre volte quello che mi ha offerto l'Inter. Con i tifosi gigliati mi sono lasciato bene, perché hanno capito la mia posizione. Sono stato sincero con loro e quando le cose si sono messe male loro sono sempre stati dalla mia parte. Ma io davo per scontato il fatto che avrei chiuso a Firenze. L'idea di lasciare la città mi dava quasi le vertigini. Sono uscito dalla mia zona di comfort ma questa è stata anche una motivazione in più per cambiare, perché si pensa che alla mia età un giocatore è già in fase calante. E invece venendo all'Inter ho fatto un passo avanti. Quando mi hanno chiamato, mi hanno chiesto di fare esattamente quello che facevo alla Fiorentina, ovvero essere costante e fare bene il mio lavoro. Io sono un operaio del calcio".
Cambia la squadra e cambiano anche gli obiettivi. Ci sono però un compagno di squadra già conosciuto ai tempi della Fiorentina (Vecino) e un gruppo forte, che ha in Icardi una stella dal valore assoluto: "Alle spalle dell'Inter c'è un gruppo cinese molto forte. L'obiettivo è rimanere il più in alto possibile, entrare in Champions League. Ho trovato un gruppo molto sano, io in particolare sono stato accolto benissimo. Mi trovo ovviamente meglio con Matias Vecino, perché arriviamo dalla stessa squadra, ma anche con Mauro Icardi. Il fatto di parlare la stessa lingua ti avvicina e dà più fiducia. Mi ha sorpreso il fatto che, nonostante sia molto giovane, Mauro assuma così bene il ruolo di capitano e ciò che rappresenta per il club. Nel derby col Milan ha segnato una tripletta: è il nostro punto di riferimento, è l'uomo-squadra dell'Inter. Lo si giudica in maniera frivola senza conoscerlo". Il ruolo è un po' diverso rispetto ai tempi di Firenze: "Giochiamo con due centrocampisti centrali e il mio compito è dare un contributo nel possesso palla e fare assist sulla trequarti. E' molto diverso rispetto alla Fiorentina, ci sono grandi aspettative e da molti anni non si vince nulla. C'è molta pressione e devo adattarmi".
Il Napoli sembra la terza candidata allo Scudetto insieme a Inter e Juventus e forse quest'anno i partenopei hanno qualcosa in più: "Loro la squadra da battere? Sono in testa, vincono le partite in maniera larga. Sono un gruppo che lavora insieme da quasi tre anni con lo stesso allenatore. Giocano quasi a memoria, è difficile batterli".
Nonostante l'età, la Roja resta comunque un obiettivo concreto: "Il mio stile di gioco si adatta a quello delle Furie Rosse, ma per mia sventura o per mia fortuna, sono arrivato nel momento migliore della Spagna. Ho debuttato con loro dopo il Mondiale e ora li guardo da tifoso. Una speranza con Julen Lopetegui? I cambi non si sa mai dove vanno ad arrivare. Quelli dell'Under 21 già erano pronti a rompere questa porta, e a volte, col cambio di ct, diventa tutto più difficile. Io cerco di fare il massimo nella mia squadra. C'è sempre un po' di speranza nell'essere convocato, anche se non ne nutro troppa. Quando fui convocato nel 2011, mi chiamarono venti volte per dirmelo".