Il lavoro di Walter Sabatini all'Inter è appena cominciato. Anche se, a dire il vero, il suo ruolo ufficialmente è di coordinatore delle attività sportive di Suning, la società che possiede il club nerazzurro. Di conseguenza, l'ex direttore sportivo della Roma ha un'influenza sul mercato dei milanesi, in coppia con Piero Ausilio, che invece è un vero e proprio dipendente della squadra. In una lunga intervista al Corriere dello Sport, oggi il dirigente italiano ha parlato di tantissimi argomenti. In primis, del perchè lui consideri il mese di luglio il più complicato: "Perché ho sempre la sensazione che avrei potuto fare meglio. E’ l’identico stato d’animo che si ha quando al liceo devi fare la traduzione di latino o il compito di matematica e mancano cinque minuti al suono della campanella".
Ma questo lavoro ha dei risvolti ovviamente positivi, che corrispondono al sentirsi partecipe di tante sensazioni che difficilmente si provano in ambito professionale. Di bello nel fare mercato c'è "un’emozione costante. Io vivo con grande partecipazione tutte le cose, sia le cose reali, sia tutto quello che gravita intorno al calcio. Per esempio quando un calciatore sbaglia uno stop mi sento in colpa come se ne fossi responsabile. Sento di dover rispondere anche per l’erba del campo tagliata male. Non ho vie di fuga, non ho scampo".
Sono tanti i tecnici con cui il coordinatore interista ha lavorato nel corso della sua carriera: ad esempio, Luciano Spalletti è stata una sua scelta sia quando lavorava nella Capitale che in Lombardia. Quando gli si chiede qual è il più bravo fra questi allenatori, però, lui evita di rispondere: "Ho ricordi straordinari di allenatori che non hanno fatto strada, che avevano tante qualità che però non hanno coinciso con la fortuna professionale. Io scrivo in bacheca in grande, perché lo leggano tutti, soprattutto i calciatori, che la fortuna è un’attitudine e non possiamo invocare il caso quando si manifesta. E’ una nostra attitudine, l’abbiamo dentro. Si scrive fortuna, ma si chiama intelligenza e carattere".
Parlare dei calciatori risulta invece un po' più complicato, perchè secondo Sabatini è in corso "un’involuzione della figura". Le motivazioni sono da ricercare nel fatto che adesso per le nuove leve difficilmente è il campo ciò che conta di più. C'è anche un esempio a riguardo: "Perché li abbiamo educati a una relazione sociale che parte dai social network, dai tatuaggi, dalle cose effimere, stupide. Un mondo virtuale, senza il minimo decoro. Ormai sono tutti in questa situazione. Ho avuto calciatori pazzeschi nella loro qualità che si sono fatti divorare dal vizio, dalla stupidità, dalla distrazione. Ne cito uno perché mi è sempre rimasto impresso: Fabian O’Neill. Fabian O’Neill era un fenomeno soprannaturale che poi si è fatto inghiottire dal suo disagio".
Parlando invece del Biscione, sembra che ci sia una linea chiara su cui tutti, dall'allenatore toscano alla dirigenza, siano d'accordo. I giocatori dovranno prima di tutto avere rispetto della maglia che indossano, coscienti del suo valore a livello internazionale. E questo negli ultimi anni non è stato scontato: "Come giustamente ha sottolineato Spalletti, serve un pensiero e un orgoglio di appartenenza. Chi gioca in nerazzurro deve sempre ricordare cosa è realmente l’Inter nel panorama internazionale. La rosa è fatta di tutti buoni calciatori, ma forse la caratterizzazione è mancata e con essa l’integrazione tatticamente giusta. Prima di tutto dobbiamo lavorare su questo. Se ci riusciremo faremo bene, anche se sarà una campagna acquisti molto difficile".
Parlando di argomenti esterni, la vicenda che ha portato Leonardo Bonucci a lasciare la Juventus "francamente è sorprendente". L'italiano era considerato colonna portante del progetto bianconero e le motivazioni reali non potranno mai essere conosciute ai più se non rivelate dal diretto interessato: "L’ho sempre pensato come un giocatore istituzionale della Juventus, ma è una vicenda comprensibile nel calcio di oggi che divora calciatori, dirigenti, allenatori. E’ un disastro che non riusciamo a percepire noi, ma neanche i calciatori che vincono e sono al sicuro, in una società come la Juventus. La decisione di Bonucci può essere solo figlia di un suo disagio. Non può essere una scelta di altra natura".
Infine, l'addio di Francesco Totti al calcio giocato, per i romantici, non può che essere un danno irreparabile sotto il profilo tecnico: "Penso che con l’uscita di scena di Francesco Totti viene meno un’idea tutta tecnica e tutta poetica del calcio. Non è solo un campione che smette: ci saranno delle giocate, delle soluzioni tecniche che saranno estinte perché vanno via con lui e questo è un danno per il calcio, inevitabile ma incredibile". Adesso per lui ci sarà un futuro diverso alla Roma, e sarà una diversità ficile da accettare. Lo conferma uno che ha lavorato per anni con i giallorossi e di colloqui con la leggenda della Lupa ne ha avuti parecchi: "Penso che Totti adesso debba trovare la forza di accantonare il passato e accettare l’idea che nella vita c’è anche qualcos’altro, cosa molto difficile per lui. Anche perché io ho colto nei miei colloqui con lui una reale voglia, quasi adolescenziale, di continuare a giocare al calcio. E contro quella si lotta veramente male".