Una vittoria sul Crotone, al tramonto di una sfida spigolosa, scorbutica, difficile da sbloccare, non può alleviare lo stato di crisi, certificare il ritorno dell'Inter ad alto livello. La squadra resta preda di paure e dubbi, c'è un concentrato emotivo che blocca l'incedere degli effettivi nerazzurri. La scarsa fiducia si nota in errori banali, in incomprensioni frutto del momento. Eppure una vittoria può essere il punto a cui attraccare speranze di ritorno. Un benvenuto a Stefano Pioli - pronto a sedersi sulla panchina milanese - un saluto a Vecchi, pronto a fare un passo indietro, nel meno rumoroso ambiente della Primavera.
Servono 80 minuti, qualcosa in più, per sgretolare il muro eretto con sapienza da Nicola, per cancellare l'ennesimo zero in pagella e offrire a San Siro l'occasione di festa.
Vecchi non si discosta dalle sue idee, 4-4-1-1, con Banega a fluttuare tra mediana e settore d'attacco, primo supporto a Icardi e prezioso punto d'appoggio per Joao Mario. Il dominio della prima frazione è sterile, perché l'Inter ha sì il comando del gioco, ma non incide in modo netto. J.Mario si abbassa per ricevere palla, ma non riesce a divincolarsi dall'attenta marcatura dei due di mezzo di Nicola. Il Crotone concede lo scarico sull'esterno, attende in un guardingo 4-5-1, in cui i giocatori di maggior talento - vedi Palladino - svolgono mansioni di gregariato. L'obiettivo è recuperare palla e verticalizzare, scavalcando l'altissima retroguardia di casa.
L'Inter mostra intraprendenza e di fatto si espone al rischio. D'Ambrosio è un'ala aggiunta, con l'undici nerazzurro che propone talvolta tre giocatori in corsia a destra, perchè lo stesso Brozovic, in cerca di libertà, amplia il campo. Candreva è una macchina da cross a getto continuo, punta e mette al centro, ma Icardi è isolato e la chiusura di Perisic sul secondo palo quasi mai tempestiva. Il croato - nei primi 45 - è sotto il livello di guardia, per ferocia, attenzione, spinta.
Banega si accende a tratti, scalda i guantoni di Cordaz, ma non ripulisce la manovra, è elemento senza meta, quasi alla ricerca di un'identità. Come spesso accade, novello Don Chisciotte, Icardi lotta contro i mulini a vento, sballottato tra Ferrari e Ceccherini, senza il dovuto supporto.
La mossa che ribalta la partita nella ripresa. Vecchi avverte la necessità di dare all'Inter maggior consistenza. Rinuncia alla qualità di Banega e getta nella mischia Eder. Scolastico 4-4-2, in proiezione offensiva pronto a mutarsi in 4-2-4. Brozovic diventa direttore d'orchestra - al termine è nettamente il giocatore con più palloni toccati - Eder svaria e crea problemi alla linea del Crotone.
Per sbloccare la partita serve però un'imperfezione, la prima della squadra ospite. Icardi stoppa e apre, di prima intenzione, a destra, dove per l'occasione risiede Perisic. Il Crotone sale male e offre campo al croato. Stop elegante, percussione, leggero passo a destra e conclusione ad incrociare a fulminare Cordaz. Nasce qui, all'ultimo battito, la vittoria. Il vaso di Pandora si apre, il Crotone crolla e l'Inter si riscopre squadra, forte. Icardi si conquista, d'esperienza, il rigore. Lo trasforma, con rabbia. Poi scaraventa due volte in rete. Nella prima occasione è in off-side, la seconda vale la doppietta. L'Inter dipende da Maurito, ma Maurito ha bisogno dell'Inter. Due risvolti di un'unica medaglia. In tribuna, il fronte cinese si alza ed esulta, Zanetti stringe il pugno, la tensione, d'incanto, si scioglie. Da oggi, inizia una nuova corsa, con un nuovo traghettatore. Ieri l'ultimo ringraziamento a De Boer, uomo vero nella tempesta. Il calcio non aspetta, purtroppo.