La stagione della Fiorentina, terza in classifica, è un po’ come il mercoledì di febbraio in cui si è giocata la sfida contro il Carpi valida per la 23° giornata di campionato. La prima parte contrassegnata da un clima al limite del primaverile che ci fa sentire meglio del previsto, inaspettato come un primato in classifica dopo anni, le reti di Kalinic, un Bernardeschi con indosso il numero dieci che fa gola a tutti e le quattro reti rifilate a San Siro all’Inter (allora) capolista. Verso l’ora di cena, però, la temperatura cala improvvisamente, si alza un vento gelido e comincia a piovere freneticamente. Una tempesta in piena regola, di quelle a cui non si è preparati, come Konè e Benalouane nelle ultime ore di mercato, il digiuno del capocannoniere che ti aveva fatto sognare e qualche disattenzione difensiva di troppo pagata a caro prezzo.

Fortunatamente, come le leggi della natura ci insegnano, dopo ogni tempesta c’è un arcobaleno. Bello, scintillante, colorato. Un segno di rinascita. Non si può far altro che stare lì ad ammirarlo, imbambolati ed abbozzare almeno un mezzo sorriso. Quest’oggi l’arcobaleno viola ha la traiettoria del tiro che Mauro Zarate ha scagliato verso la porta del Carpi al terzo minuto di recupero dando ai viola una vittoria sofferta ma quanto mai bella e fondamentale.

Una vittoria, come sostenuto da Paulo Sousa nel dopo partita, che “rinforza ancor di più la chimica tra la squadra e la città”, linfa vitale per consentire ai giocatori di dare sempre il massimo ed anche qualcosa in più, fino alla fine dell’ultimo minuto di recupero di ogni partita, fino al termine di ogni competizione, a prescindere dalle variabili “esterne”. Concetto chiarissimo in città e messo nero su bianco dagli stessi tifosi viola in uno striscione inequivocabile: "Tifosi, mister e giocatori, facciamogli un bel dispetto: lottiamo per un sogno nonostante il loro progetto!". Al riguardo ognuno può pensarla come meglio crede anche perchè lo stesso Zarate è frutto del mercato di gennaio e garantisce un’alternativa importante al reparto di attacco ma il punto non è quello. Il punto è che la squadra di Paulo Sousa sa soffrire, caratteristica fondamentale per poter continuare a sognare senza un organico come quello bianconero o un centravanti da 23 reti in 23 partite come il Napoli capolista.

Per cui avanti sulla strada tracciata dall’arcobaleno di Maurito perché come si sa "è quando la vite soffre che dà l’uva migliore".