Tra conferme e sorprese va in archivio la tre giorni di ottavi di finale di Coppa Italia. Quella che si presumeva essere una semplice formalità si rivela una Caporetto, soprattutto a livello mentale e di entusiasmo, per le squadre che sono cadute in maniera rovinosa e del tutto inaspettata. Le battute d'arresto di Fiorentina e Roma acuiscono i problemi di due squadre che, per motivi ben differenti, sembrano lasciare il passo nell'ipotetico quintetto alla guida del campionato, a Inter, Napoli e Juventus (in rigoroso ordine cronologico di successi) che hanno dimostrato invece solide basi per quanto riguarda struttura, gioco e soprattutto mentalità vincente.
Miglior viatico in vista dell'ultimo impegno dell'anno solare 2015, e per l'inizio dell'anno nuovo, non poteva esserci per le squadre di Mancini, Sarri ed Allegri, che potevano soltanto sperare in delle pratiche archiviate nei primissimi minuti delle rispettive sfide. Detto, fatto: le tre affermazioni hanno denotato una fortissima consapevolezza dei propri mezzi (aspetto ampiamente messo in mostra nei primi mesi di campionato) oltre a confermare la forza di una squadra che spesso si misura dagli impegni infrasettimanali, termometro ultimo che definisce spesso le velleità e la costruzione, mentale quanto tecnica e numerica, delle rose che vogliono puntare a degli obiettivi a lungo termine.
E' il caso delle suddette, che tra turnover più o meno ampio ed avversari blasonati o no, riescono a mettere una pietra tombale sulla qualificazione già nei primi attimi del match. Il Napoli di Sarri è, delle tre, quella che riesce ad archiviare la pratica nel più breve intervallo possibile: tramortisce in un quarto d'ora la sommessa resistenza del giovane Verona, sceso al San Paolo col pensiero rivolto agli impegni di campionato e di salvezza. Discorso diverso, ma piuttosto simile per risultato e dimostrazione di forza e mentalità vincente quello che lega Inter e Juve: gara sotto controllo nelle fasi iniziali, dove Cagliari e Torino mettono la testa fuori dal guscio, prima di ritrarla alla mezz'ora quando Palacio e Zaza sbloccano le sfide, prima di ipotecarle nella ripresa rimpinguando il bottino.
Tutto facile, soltanto in apparenza, perché se Sparta piange, stavolta Atene si fa grosse risate riguardo le beffe subita dalle rivali, che crollano davanti ad ostacoli tutt'altro che insormontabili. Le motivazioni alla base del crollo di Roma e Fiorentina, rovinose entrambe per proporzioni soprattutto delle rivali, è da ricercarsi nella eccessiva fragilità mentale delle due squadre. I capitolini, oramai è risaputo, sono vittime di uno stato mentale che imbriglia e condiziona oltremodo gioco e fiducia: lo Spezia presentatosi all'Olimpico è un fantasma che prende corpo con il passare dei minuti, quando lo 0-0 penetra nelle menti dei calciatori giallorossi che non riescono a sbloccare la gara. Garcia appare svuotato, i calciatori sono lo specchio dell'allentore: i rigori di Pjanic e Dzeko l'emblema di una tranquillità mentale oramai perduta.
Di tutt'altra matrice la sconfitta della Fiorentina, che si presenta al cospetto del Carpi di Castori tutt'altro che umile. Sousa sottolineerà, con enorme ed encomiabile sincerità tutte le lacune della sua squadra, che una volta approcciata la gara nel modo giusto si scioglie davanti ad un'eccessiva sicurezza, che però si tramuta in un boomerang tagliente. Superbia ed arroganza, due caratteristiche che la giovane squadra del portoghese mai aveva mostrato, escono alla distanza nel corso della sfida, lasciando spazio ad eccessivi individualismi ed alla modesta squadra emiliana che in poche mosse manda nel baratro i viola. Una sconfitta ed una eliminazione salutari, perché è da questo tipo di errori e figuracce, che si deve costruire la mentalità vincente che deve trascinare la viola nel definitivo processo di consacrazione.
Tre giorni di Coppa che dovevano confermare le velleità di alta classifica del quintetto di testa, ma che rischiano seriamente di spaccare in due il gruppetto, dando forza, fiducia ed ulteriori certezze al terzetto vincente e lasciando dubbi e lacune nelle menti di coloro che sono cadute.