Senza Felipe Melo - fermo un turno per decisione del giudice sportivo - con Gary Medel. L'Inter attende la Roma nell'anticipo serale e si affida al Pitbull, al rientro dopo il riposo del Dall'Ara. Il cileno si racconta sulle pagine in rosa, svela angoli oscuri di una vita al limite, una corsa folle in cui il pallone recita un ruolo salvifico. Il calcio è la valvola di sfoga, l'àncora di salvezza di un ragazzo costretto a confrontarsi con una realtà difficile.
"Ho imparato dai miei errori. E avuto fame, intelligenza, voglia. Da piccolo ero un loco, un matto, mi arrampicavo sugli alberi, salivo sui tetti. Una volta sono uscito dal parabrezza della mia macchina lanciata a 140 km/h, non avevo la cintura, arrivai all'ospedale e non sentivo più la gamba. Nel quartiere in cui sono nato ho rischiato di buttarmi dentro i traffici di droga, senza la mia famiglia non sarei qui".
L'undicesima tornata porta in dote lo scontro al vertice, la Roma capolista sbarca a San Siro, due lunghezze avanti. Medel affila la lama, non nasconde ambizioni di vertice, esalta le doti dell'undici di Garcia ma, petto in fuori, attende la battaglia.
"Per arrivare in cima devi battere anche le piccole, ma battere la Roma significa non farli scappare e sorpassarli. Ottima squadra. Tosta, gioca a calcio, ha soluzioni, è compatta, ha ritmo, sa tenere il campo. Noi? Noi lottiamo per il titolo, ma dobbiamo smetterla di fare certi errori".
Gary Medel è un'icona, in patria. Milano si rivede nel piccolo cileno, nel suo martellante incedere, il pubblico osanna Medel, sudore e lavoro.
"Ho lottato e a un certo punto ho svoltato. Perché ho solo voluto fare il calciatore. Perseveranza, disciplina, un sogno e una famiglia forte e bella come ho io. Si chiamano segreti. Andavo a giocare a calcio ogni giorno, ero sempre per strada, mio padre a volte mi prendeva per un orecchio e mi portava a casa. Lì, al campo, stavo bene perchè c'erano i miei amici, ma giravano anche persone non perbene e la droga. Bastava una distrazione per prendere la strada sbagliata. Se non avessi sfondato col calcio, forse avrei fatto il trafficante".
Un jolly. Mediano a protezione della retroguardia, mezzala, centrale in una difesa a tre o a quattro. Medel è ovunque, pronto a seguire i dettami del tecnico.
"Bisogna applicarsi e crederci. Magari faccio anche degli errori, ma nessuno al mondo potrà mai rimproverarmi di non aver dato tutto quello che ho. Perché questo succede ad ogni partita"
Monito a Icardi. Medel conferma le difficoltà in fase di manovra, specie nello sviluppare un'idea di gioca rapida, utile ad accendere il reparto d'attacco, ma rimarca l'importanza dell'insieme, del gruppo, della squadra, aldilà della singola forza.
"Icardi in parte ha ragione, ma è un problema che dipende da tutta la squadra, tutta, perché nessuno al mondo è più importante della squadra. Io la penso così".
In chiusura, un pensiero sull'Inter.
"Mancio mi chiede di pressare alto, magari si rischia, ma guarda avanti, per vincere. La scorsa stagione abbiamo lavorato per questa, inserito giocatori forti, esperti, mixandoli con giovani interessanti. Se eviteremo certi errori arriveremo al livello di Roma e Napoli. Se credo a Champions e Scudetto? Sì non scarto nulla".