Manca qualcosa, un pizzico di cattiveria, un colpo, che decida le partite. Mancini chiede ai giocatori di maggior qualità un'impronta pesante, Handanovic usa parole dure. Il fioretto è arma che piace, attrae, ma diffcilmente ti toglie dalle sabbie mobili di partite in equilibrio. Per vincere, talvolta, serve uno scatto di personalità e l'Inter accusa defezioni importanti in questo settore.
Quando una squadra come il Chievo scende in campo a San Siro, lo fa con ordine ed equilibrio, ancor più se la tabella di marcia non impone risultati obbligati. L'attesa porta conforto, perché chi attacca si sbatte e sbatte e chi difende può aspettare e colpire. Non a caso, al termine, Handanovic è il protagonista assoluto in casa Inter. I nerazzurri procedono a strappi, un assedio più di nervi che di idee.
Un esame, quello di ieri, che conferma che l'Inter non è ancora fatta e compiuta, si interrompe la striscia di successi, non quella di risultati utili. L'Europa League resta possibile, perché nessuna squadra davanti ha un ruolino impeccabile, ma l'Inter deve affrontare in rapida successione Lazio e Juventus, non facile.
Non basta questa volta a Mancini "il tutti dentro", la scintilla non arriva e l'Inter, al triplice fischio, riceve il netto "no" di San Siro. Steccano un pò tutti, dalla mediana in avanti, D'Ambrosio ci mette cuore e gamba, passo indietro per Hernanes, encomiabile l'abnegazione di Palacio.
Non basta.