Aspettando Thohir. L'arrivo, imminente, del magnate indonesiano per completare una tela, che, pian piano, assume contorni definitivi. Resta da sciogliere qualche zona d'ombra, destinata a dissiparsi all'indomani del risolutivo Cda che annuncerà il nuovo organigramma nerazzurro. In attesa delle certezze che verranno, ovvio il gioco del mercato. Il fluttuare inebriante di nomi, sparsi qua e là per l'Europa. Il gioco dei media, che si accentua ancor più quando all'alba di una società si affaccia un nuovo proprietario, con soldi e fama. Thohir non è sceicco, ma manager. Vero, non per questo non investirà, se necessario, sull'Inter.
Identikit di ogni tipo hanno invaso giornali e web nei giorni dell'attesa. Fiumi d'inchiostro, penne “affamate” desiderose di attribuire questo o quel flirt all'ambiente Inter. Un tema ricorrente a dire il vero c'è. Nell'afflusso di carte e viaggi per l'Europa un comune denominatore. Per il progetto in divenire serve intervenire nella zona mediana. Un grande centrocampo fa una grande squadra. Detto quanto mai vero. Nella pioggia di notizie si ergono prepotenti due candidature. Sandro e Jorginho riscuotono successo nelle sedi di Corso Vittorio Emanuele. Due prototipi differenti, adatti a due diverse visioni di gioco.
Altra storia quella di Jorginho. Brasiliano, naturalizzato italiano. Nato a Imbitula, classe '91. Centrocampista dalla visione di gioco totale, piede raffinato e mente veloce. Uomo ovunque nel 4-3-3 di Mandorlini. Cresciuto nella Sambonifacese e poi tornato, da protagonista, a Verona. Decisivo nella cavalcata verso la A, con oltre 40 presenze. Leader anche nella massima serie. Già 5 reti, infallibile dal dischetto. Il Milan ha provato a bloccarlo lo scorso anno, la Fiorentina, che ama crescere fuoriclasse agli albori, sta provando a forzare ora. L'Inter è attenta, perché sa che nel centrocampo del futuro servirà soprattutto qualità.
Strana destino quello di Iturbe invece. Compagno di Jorginho, giramondo esploso in Italia. Paraguaiano, naturalizzato argentino. Centrocampista offensivo, attaccante esterno. Funambolo. Paragoni importanti. Addirittura l'accostamento con Leo Messi, il non plus ultra del calcio. Poteva arrivare in Italia già tre anni fa. Il Gallipoli aveva chiuso per il ragazzo di Buenos Aires, ma il fallimento della società bloccò tutto. Come ha rischiato di saltare l'approdo in gialloblù, concluso solo nell'ultimo giorno utile di settembre, prima della chiusura della sessione estiva del calciomercato. Un via vai tra Cerro Porteno e Quilmes, fino al grande salto al Porto nel 2011. Due anni, poche presenze, l'arrivo al River nel febbraio 2013 e infine Verona. Prestito con diritto di riscatto. Pochi minuti e l'Italia del pallone conosce Iturbe. Punizione gioiello col Livorno, slalom di cinquanta metri e sinistro vincente nell'apoteosi di Bologna. Predestinato. L'Europa osserva, l'Inter anche.