Inter e Roma, squilli di tromba. Diversi, ma terribilmente uguali. É solo la quinta giornata, vero, ma i segnali appaiono prepotenti. A sorpresa non sarà un affare elitario. La Serie A non è monopolio di nessuno. Regna l'equilibrio. L'alta quota accoglie clienti imprevisti. Ritornano le nobili decadute. Lasciate le idee illuminate, troppo, di Zeman, la Roma rinasce con la cura Garcia. Prima snobbato, ora onorato. Vince, per la quinta volta consecutiva, contro la Sampdoria, a Marassi, su un campo difficile. Ancora una volta esce nel secondo tempo, e non può essere un caso. Fiducia. Tutto qui. Il gol capolavoro di Benatia e il sigillo di Gervinho. Uno 0-2, figlio di convinzione e applicazione. Da Garcia a Mazzarri. L'Inter si conferma. Contro una Fiorentina bella e seducente. Montella allena calcio e si vede. La viola gioca e diverte. Trova il muro Handanovic. Che ricorda quanto conti un grande portiere. Trova il vantaggio col rigore di Rossi, ma viene punita dalla veemente reazione dei padroni di casa. Cambiasso e Jonathan ribaltano la partita e fanno esplodere San Siro. Loro e Alvarez. Pesanti nell'era Stramaccioni, rigenerati dalle parole di Mazzarri. Testa e gambe al servizio del nuovo progetto. Come previsto, quando sale il livello serve la classe di Kovacic, genio imprescindibile. Non serve invece questo Guarin, fischiato e abbandonato. Strano caso quello del colombiano. Un crack in rampa di lancio, che tende ad appassirsi al momento del volo. Uno scattista a cui manca il finale. Finisce 2-1 e il pubblico apprezza. Milano ha ritrovato l'Inter. La Serie A ha ritrovato giallorossi e nerazzurri, là in alto, separati da due piccoli punti.

Si ferma il Napoli. A sorpresa. Tronfio, dopo l'exploit europeo e il successo sul Milan, scopre di essere bello, ma non ancora grande. Inciampa nel Sassuolo, preso a pallonate dall'Inter poco prima. Inciampa in turnover e eccessiva sicurezza. Non in partita, salva il pari, 1-1, grazie a Reina. Le stelle non illuminano il San Paolo, dove si presenta Zaza, fenomeno in B e ora qui a crescere, in attesa della casacca bianconera. Non basta una bordata di Dzemaili, nella sera in cui Higuain e Hamsik decidono di saltare l'appuntamento. Un monito per il pacioso Rafa. Ogni partita è storia a sé. L'insidia è lì ad attenderti. Si ferma il Napoli e ad appaiarlo a quota 13 arriva non solo l'Inter, ma anche la Juve. Boccheggia la Vecchia Signora, ringrazia Preti e la sorte. Il Chievo gioca una partita onesta, ordinata. Trova il vantaggio con Thereau, e, dopo il pari di Quagliarella ( che sia lui il top player?), ripassa con Paloschi. Tutto buono. Non per l'assistente di De Marco, che segnala un fuorigioco inesistente. Siccome le disgrazie non vengono mai da sole, arriva anche l'autogol di Bernardini. Il Chievo esce dal campo con gli applausi, ma senza i punti. La Juve con i punti, ma molti dubbi. Buffon incerto, Marchisio spaesato, la manovra incerottata. Splende Pogba, ma non è una notizia.

Stenta la Juve, che dire del Milan. Vede il baratro a Bologna. L'inferno ha le trecce e la spavalderia di un uruguaiano all'esordio, Diego Laxalt. Talento in luce al sub-20, approdato ai cugini nerazzurri e ora parcheggiato a Bologna. Segna due volte, poi Cristaldo fa 3-1 e sembra festa al Dall'Ara. I rossoneri, inizialmente in vantaggio con Poli si interrogano. Sembra la fine di Allegri. E invece senza Balotelli, punito e accusato (giustamente), esce l'orgoglio. Con Matri che non vede mai la porta, una difesa che balla tremendamente, vittima delle amnesie di Zapata e Mexes (quanto sono lontani i tempi di Nesta e Thiago Silva..), la salvezza risiede nel carattere. Nella tempra insita nella storia e nella tradizione. Sono Robinho e Abate i salvatori della patria. Diamanti fa tremare la traversa, ma è 3-3. In sostanza cambia poco. Lo sa Allegri, che lavora con quel che ha. Lo sa la società. Utopia, in queste condizioni, pensare in grande.

La Lazio perde Klose, ma ritrova la vittoria. Stende il derelitto Catania, grazie a Ederson, Lulic e Hernanes. Non è ancora bella la creatura di Petkovic, ma torna, finalmente, efficace. Un inizio di stagione difficile, aggravato da mercato, infortuni e calendario. Peggio sta Maran. Guarda i suoi e ripensa al passato. Dalla favola del sogno europeo all'ultimo posto in classifica. Senza Gomez, soprattutto senza Lodi. Partiti e mal rimpiazzati. Una crescita si è vista, ma è poca cosa. Dopo anni, le sabbie mobili della salvezza potrebbero avere un cliente inatteso.

Si sblocca il Parma di Donadoni. Fuochi d'artificio al Tardini. Gli emiliani, ispirati da Cassano, volano con la doppietta di Parolo. L'espulsione di Amauri complica i piani. L'Atalanta ci crede, con Livaja e Denis, ma il triplice fischio di Gervasoni spegne i sogni degli uomini di Colantuono. Vano l'assalto finale. Affermazione importante anche per l'Udinese. Non granché la prova dei friulani. Basta una punizione di Di Natale, deviata da Calaiò. Punito, oltre i propri demeriti il Genoa di Liverani. Guidolin fischiato per il cambio di Maicosuel non la prende bene.

Due pareggi infine a completare la giornata. 2-2 scoppiettante a Torino, tra i granata e il Verona. Due ottimi tecnici, Ventura e Mandorlini, due squadre ben preparate. Qualità e esperienza. La classe di Cerci, l'emergente Jorginho, l'intramontabile Toni. 1-1 invece al Picchi, con Ibarbo che impatta il vantaggio di Luci. Livorno e Cagliari muovono la classifica e questo accontenta un po' tutti.