Ci sono delle cose che speri che non accadano mai, attimi che vorresti durassero in eterno, amici che restassero per sempre al tuo fianco e calciatori che vorresti poter continuare ad ammirare ogni giorno, nonostante la carta d'identità vada nella direzione ostinata e contraria.
Andrea Pirlo è una di quelle cose lì. O anche tutte insieme. O sarebbe meglio dire che lo era. Si, perchè si è appena ritirato. Lo ha fatto alla sua maniera, senza troppi clamori, microfoni, conferenze stampa, maglie celebrative o partite d'addio. E' entrato a dieci minuti dal termine della partita tra i suoi New York City e i Columbus Crew mettendo così fine, in un colpo solo, alla sua avventura oltreoceano e a quella sui campi da gioco.
Dunque cosa ci resta di questo campione? Cosa rimane del Maestro? Per i trofei basta digitare il suo nome su di un motore di ricerca qualsiasi e potreste perdervi dietro a Champions League, Scudetti e, perché no, una Coppa del Mondo con tanto di assist immaginifico nel penultimo minuto del secondo tempo supplementare della semifinale con la Germania e tanto altro.
Quello che però, personalmente, mi rimarrà e cercherò di non perdere mai nonostantei il passare del tempo e lo sbiadirsi dei ricordi, sono le sensazioni. Quel ciondolare in mezzo al campo, caracollante a tratti e senza alcuna espressione che potesse sprigionare una mezza emozione e poi, all'arrivo del pallone, la magia. "Pirlo fa la stessa finta di sempre ma non lo prendono mai" dicevano tutti. Dopodichè, con il compasso, disegnava parabole che noi umani non soltanto non riusciremmo mai a pescare con i nostri piedi da dilettanti mestieranti quali siamo, ma non riusciremmo neanche a vedere. Invece lui, con calma olimpica, come se fosse al bar con gli amici o alla Playstation la metteva lì con il tempo, il giro, la forza giusta per essere soltanto spinta in rete o controllata. Cioccolatini per i compagni. Avrebbe fatto fare cento gol anche al centravanti più scarso della Terza Categoria. Roba da fantascienza.
Come la rete "da casa sua" contro il Parma quando indossava la maglia del Milan. La partita non si sbloccava e allora dovette togliere la ragnatela dal sette. Ronaldinho non ha ancora capito come ha fatto. Ronaldinho, non uno qualsiasi. Poi il lancio al millimetro che consentì a Roberto Baggio di mettere a sedere Van der Sar e al Brescia di portare via un punto dall'allora Delle Alpi. Baggio-Pirlo, se la passavano male i tifosi delle rondinelle quell'anno. Ed ancora tanto altro.
Sono stato un pò confusionario, lo so. Ma le lettere d'amore sono così, ricolme di passione, di ricordi e forse di lacrime, come quelle dopo la sconfitta in finale di Champions League contro il Barcellona. Poteva essere l'occasione di chiudere con la ciliegina sulla torta ma evidentemente non era destino, lo stesso che, fortunatamente, ci ha reso partecipi di uno spettacolo durato anni che nessuno potrà mai replicare.
Ciao Maestro e grazie di cuore.