Con il gol di Derlis Gonzalez, nell'ultimo calcio di rigore della serie, termina la Copa América del Brasile. Il dejavù dei tifosi verdeoro è stato pressocchè completo: ancora una volta fuori a quarti, ancora una volta contro il Paraguay, ancora una volta ai calci di rigore.
Il Brasile è in un periodo nero della propria storia calcistica: il Mondiale in casa perso in modo umiliante contro la Germania e questa simmetrica eliminazione ai quarti di Copa América devono far riflettere gli addetti ai lavori sulla condizione di questo movimento calcistico e di ciò che occorre per tornare in alto.
Non è il Brasile più forte della storia, il talento non sarà quello dei tempi di Didì, Vavà, Pelé o Garrincha, ma questa generazione di talenti verdeoro non è da buttare. In primo piano c'è il fenomeno di questa generazione, l'unico vero e proprio campione che il Brasile abbia oggi: Neymar. Partire con un giocatore del genere in squadra è una fortuna che poche selezioni possono permettersi. In più è assistito da una serie di ottimi talenti offensivi: Coutinho, Willian, Oscar, Douglas Costa: giocatori di estro e qualità, che possono costituire dei fattori. In più la difesa è costituita da due top player assoluti come Dani Alves e Thiago Silva, affiancati da ottimi giocatori come Miranda e Filipe Luis, oppure Marcelo in condizioni fisiche migliori. Certo, manca un numero nove di livello, ma in attesa dell'esplosione e della crescita del baby Gabigol ci si può arrangiare con qualche giocatore del calibro di Firmino (che il mercato ha valutato 35 milioni) o Luiz Adriano (sliding door di questo Brasile). A centrocampo non ci sono fenomeni, ma la Verdeoro può comunque contare su giocatori di esperienza internazionale come Luiz Gustavo e Fernandinho. Per non parlare dei portieri, da sempre tallone d'Achille della Seleçao, oggi la scelta è tra Diego Alves, Neto e Jefferson.
Insomma, la materia prima non è pessima, anzi, è ottima. L'incapacità di creare gioco e risultati ci riconduce a un altro argomento, quello del Ct: Carlos Dunga è un tecnico molto criticato in patria per il suo atteggiamento difensivista, poco vicino alla tradizione del futebol spettacolare dell'epoche d'oro. Dunga non ha impresso un'idea di gioco propositiva, e il pragmatismo ha retto per poco. Inoltre, c'è da considerare la questione psicologica: la squadra manca mentalmente ogni grande appuntamento. Basti pensare al fallo di mano di Thiago Silva, o all'ammonizione rimediata dallo stesso centrale al Mondiale contro la Colombia, che lo ha costretto a perdere la gara del Mineirazo. Il Brasile ha molto lavoro da fare per costruire, cementare e mettere in campo un gruppo solido, ciò che è certo è che per Dunga si prospettano giorni difficili...