Il calcio molto spesso sa essere spietato quanto cinico, cattivo quanto perfido, ma altre volte invece, regala emozioni che non t'aspetteresti mai, riempiendo di notti magiche le pagine dei libri di storia. In questo caso non si tratta di una finale di Coppa del Mondo, o di una Champions League, soltanto di una povera semifinale di Coppa di Germania, che però di banale e scontato ha davvero poco, che regala emozioni al cardiopalma, bel gioco, ed una storia, l'ennesima, che verrà ricordata come l'ultimo canto di Jurgen Klopp.
Già, perchè Jurgen Klopp è un inguaribile romantico, anche se ha l'apparenza di un bruto, l'agonismo di un folle, la rabbia furente di un leone in gabbia. Eppure, quella stessa rabbia che era stato maestro nel diffondere nella sua squadra, da un pò di tempo a questa parte era vista calare, scemare, fino all'addio, inevitabile. "Mi defilo perché sento che il cammino assieme finisce qui. Non riesco a dare più le giuste motivazioni". Certo, dopo molti anni, è normale, fisiologico che tra due innamorati ci sia un momento più difficile del passato, glorioso e splendente, ma lasciarsi senza averci provato, un'ultima volta, non sembrava il modo giusto per dirsi addio.
L'ultima magìa del maestro Jurgen si gioca contro i rivali storici del suo Borussia Dortmund: all'Allianz Arena, per quella banale semifinale di Coppa di Germania, divenuta purtroppo per Klopp ed il suo Borussia l'unico ed ultimo obiettivo stagionale, c'è ad attenderli il Bayern Monaco delle stelle. Quelli più forti, quelli dei sei gol al Porto, quelli che quando vogliono, e giocano per davvero, sarebbero capaci di fare polpette di qualsiasi avversario. Le premesse, con un Borussia in calo, ma pur sempre orgoglioso, c'erano tutte per vedere una grande partita. E cosi è stato.
La classe, limpida, dei fenomeni, illumina, come sempre, il prato verde dell'Allianz Arena, deliziando la platea con giocate di fino, facendo girare a vuoto il pressing avversario. Facendo il Bayern, insomma. Lewandowski, quoque lui, talento sbocciato dalle fantastiche mani del maestro Klopp, pugnala alle spalle il suo vecchio allenatore, tagliando alle spalle di una difesa troppo morbida, e ribattendo in rete un suo stesso colpo da biliardo mancino finito sul palo. Bayern e Guardiola in controllo, totale. Langerak salva Jurgen, con una prestazione fantastica (soprattutto su Muller e Thiago Alcantara), la traversa grazia l'ex allenatore del Mainz dalla doppia pugnalata del suo ex pupillo, che fa vacillare i ragazzi della Ruhr. La bravura dei giallo-neri però, è quella di non mollare mai, abituati a stringere i denti dal proprio maestro: grintosi quanto indomiti.
Sessanta, forse settanta, sono i minuti di sofferenza, quelli che passano guardando (perché solo quello si può fare) gli avversari giocare un calcio sublime, come solo loro san fare. Poi l'episodio, anche più di uno, che cambiano il match, e reindirizzando il destino ed anche qualcos'altro verso un nuovo finale della storia. Un rigore (limpidissimo) non chiamato dall'arbitro a favore dei bavaresi, l'infortunio, l'ennesimo, questa volta purtroppo definitivo per Arjen Robben (stagione finita), il gol del pari di Aubameyang che rappresenta appieno la fotografia del Borussia Kloppiano.
Voglia, ostinatezza, di crederci sempre e comunque, ma anche del talento infinito della squadra. Kuba Blaszczykowski cambia gioco per Mkhitaryan che a volo di sinistro mette sul secondo palo. Aubameyang non avrebbe il diritto di arrivare su quel pallone, ma soltanto la forza di volontà che ci mette regala il giusto premio all'ex Milan tanto rimpianto dalle parti di Milanello: scivolata vincente da posizione quasi impossibile che Neuer raccoglie soltanto dentro la linea di porta.
La fiducia sopraggiunge insperata, quando meno te l'aspetti, e per poco non permette agli ospiti di portarla persino a casa: il georgiano calcia di controbalzo, con meno sorte rispetto al gol del pari, mentre Reus trova davanti il muro bavarese si nome Manuel Neuer, che si supera come nelle migliori occasioni. Nei supplementari Schweinsteiger è l'uomo più pericoloso, costringendo Langerak al penultimo miracolo di serata. La veemenza e la foga degli ospiti culmina con l'espulsione, giusta, di Kampl, che lascia altri dieci minuti di sofferenza ai compagni. Per fortuna di Klopp, e della storia, senza conseguenze.
Il finale, degno di un thriller dei migliori, si consuma nel modo più beffardo possibile per i padroni di casa: Lahm e Xabi Alonso scivolano, come già visto con Beckham, con Terry, sul dischetto in rapida successione, mandando a lato i primi due tentativi dei bavaresi, tra la disperazione e l'incredulità dei presenti. Gundogan, la cui storia meriterebbe un capitolo a parte, e Kehl, bandiera del Borussia di Klopp, insaccano di giustezza. Langerak sigilla la serata ipnotizzando Gotze, mentre Neuer fa lo stesso con il primo match point di Hummels. La maledizione bavarese raggiunge l'apice al quarto penalty, quando Neuer, bravo anche con i piedi, spara sulla traversa il quarto ed ultimo rigore, che risulta decisivo.
La corsa di Jurgen Klopp è liberatoria. Un momento atteso un anno e forse più. Da quella finale di Champions League, il momento sicuramente più alto del suo percorso al Borussia. Il quarantasettenne di Stoccarda suona la sua ultima sinfonia, che lascerà, semmai ce ne fosse stato bisogno, un sapore dolce, dolcissimo nella bocca dei tifosi del Westfalen Stadion.