Si chiude un’altra telenovela della free agency NBA: la discussa situazione di Clint Capela, centro svizzero classe 1994, dato sui taccuini dei GM di mezza lega, si risolve nella maniera più prevedibile e forse migliore per le parti coinvolte. È di poche ore fa, infatti, la notizia che l’ex-Elan Chalon ha firmato un rinnovo quinquennale da novanta milioni di dollari complessivi con gli Houston Rockets. Come al solito, a riportare per primi la notizia sono stati i giornalisti di ESPN, che parlano anche di eventuali bonus annuali attorno ai due milioni, a quanto pare legati alla qualificazione alle Finals di Conference (1 milione), alla percentuale di rimbalzi (500mila dollari) ed a quella dei tiri liberi segnati (500mila dollari se superiore al 65%).

Notizia che dunque sbriglia una situazione che sarebbe potuta diventare abbastanza intricata: terminato il suo contratto da Rookie, Capela era diventato restricted free agent, ma qualora Houston avesse pareggiato le offerte ricevute (la più alta pare attorno ai 5 milioni) avrebbe rischiato di perderlo a zero il prossimo anno. Contratto di spessore ma comunque non da bancarotta per il front-office texano, mentre al contrario il centro d’oltralpe mette un autografo sul primo vero salto di qualità della sua carriera in NBA. Oltre al discorso economico, anche quello tecnico assicura garanzie: con Harden sotto contratto fino al 2022 e Chris Paul fresco di rinnovo quadriennale da 160 milioni di dollari, il nucleo che ha lanciato il guanto di sfida ai Golden State Warriors (sprecando due match-point per il clamoroso cappotto) rimane ben solido, con l’innesto di Carmelo Anthony, firmato al minimo salariale, possibile mina vagante.

Sereno dunque il cielo su casa Capela, un po’ meno su quella del General Manager Daryl Morey: Houston sforerà i 130 milioni di spesa totale per i salari, soprattutto a causa del “contrattone” (oltre 40 milioni nei prossimi due anni) di Ryan Anderson, finito però fuori dalla rotazione negli scorsi playoffs. In questa stagione, dunque, i razzi saranno costretti a pagare – a meno di capolavori in sede di mercato – una somma considerevole di luxury tax, il “pegno” per chi supera i 119 milioni complessivi, destinata almeno a raddoppiare nella prossima stagione. Qualora l’assalto al trono di Golden State dovesse fallire di nuovo, la sensazione è che la corazzata texana possa essere smantellata. Nel frattempo, comunque, tutti hanno risposto al richiamo alle armi e la sensazione è che si assisterà ad un’altra stagione di lotta serratissima in cima alla Western Conference.