Quanta gioia può conferire essere la prima scelta al draft NBA? Quantificarla sarebbe impossibile, e gli amanti del gioco ne sono consapevoli. La consacrazione per eccellenza verso il basket professionistico, dettata dalla prima chiamata che sancisce che in te hanno visto qualità uniche. Il sentimento di carattere positivo può rapidamente trasformarsi in sentimento negativo, cupo, oppressivo. Su di te tramutano pressioni immani e saperle gestire non è semplice; il basket della lega più ambita del mondo non è quello del college. Se a tutto questo va ad aggiungersi un infortunio particolare, che ti tiene lontano dal parquet per sessantotto partite, cambiando la tua meccanica di tiro e creando attorno a te pessime sensazioni sul tuo futuro, di certo le cose non migliorano. Stiamo parlando del caso Markelle Fultz, ragazzo di diciannove anni che ha dovuto attraversare un mare in tempesta in questa stagione, tra pressioni mediatiche e dolori continui alla spalla. Il ritorno in campo è arrivato, con incisivo ritardo ma l’importante era chiaramente la salute del giocatore dei Philadephia 76ers. Ci si aspettava tanto, non è arrivato il massimo ma degli spunti sì: dieci partite in cui il playmaker cresciuto negli Washington Huskies ha mostrato sprazzi di tecnicismi e giocate prestigiose; 7.6 i punti segnati in media, 4.6 gli assist e 3.4 i rimbalzi collezionati, il tutto in 17.7 minuti di media giocati. Non male certamente, ma nemmeno ciò che ci si aspetterebbe da una prima scelta… un respiro profondo però occorre farlo, fermandosi un attimo a pensare al fatto che questo giocatore abbia saltato la maggior parte della stagione, perdendo anche se stesso in tutto ciò, ritrovandosi poi strada facendo.
Arrivati ai playoffs in molti si sarebbero aspettati di vederlo in campo con un minutaggio più elevato, invece Fultz è stato relegato alla panchina e a lui gli è stato preferito TJ McConnell. La scelta di Brett Brown però è facilmente comprensibile, McConnell viene da una stagione in cui ha affiancato Ben Simmons in maniera molto producente, non realizzando tantissimo in termini personali ma consentendo a Ben di produrre il suo gioco. L’inserimento di Fultz occorre il suo tempo per completarsi, e questo non può accadere in fase playoffs. Sarà consono valutare quanto Fultz e quanto Simmons dovranno gestire la squadra e con quali ritmi, per ora TJ McConnell dà più sicurezze in termini di meccanismi di gioco a Brown. Proprio il coach dei Philadelphia 76ers si è espresso sulla sua decisione: “Ci sono momenti in cui di sicuro pensi a far giocare Markelle Fultz, ma ho preso una decisione, dovevo prenderla. Ciò non significa che sia una cosa scolpita nella pietra, è sempre un qualcosa a cui penso e posso rivedere. E la cura del ragazzo e del suo futuro è una mia priorità” – ha poi aggiunto sulla questione McConnell o Fultz – “Markelle Fultz ha giocato dieci delle ultime partite stagionali quest’anno mentre TJ ha giocato per l’intero anno e ha avuto una stagione fantastica insieme al team [16 vittorie consecutive], abbiamo prodotto del buon gioco. Ho preso questa decisione perché c’è stata un’evoluzione in McConnell durante l’anno e ora sta dando i suoi frutti”. - Come aveva già affermato in precedenza, il coach di Philadephia non vuole che passi per una scelta definitiva - “la parola chiave rimane sempre ‘NOI’”. Ed è proprio con questo spirito di gruppo che i 76ers dovranno affrontare le prossime partite con i Boston Celtics, di certo determinati a dare tutto sul campo anche in assenza dei loro uomini migliori. La serie è già in salita per Fultz e compagni, dopo la prima sconfitta al TD Garden, occorre risistemare le carte e dimostrare di poter ribaltare le cose.