I San Antonio Spurs conquistano la quarta posizione nella conference ad ovest, dopo aver scavallato gli Oklahoma City Thunder prima in campo, e poi nella classifica generale. 99-103 segna il punteggio alla fine dell’ultimo quarto di gara; nulla di troppo drammatico per i Thunder scesi solo di una posizione, ma probabilmente per Russell Westbrook qualcosa di peggio c’è. Sì perché proprio lui, il giocatore su cui si faceva affidamento negli ultimi minuti di gara, ha mancato la risposta, completamente. Due air-ball nel finale di gara, che vanno a sommarsi alle tante pessime cose successe in questo quarto quarto, che costano la sconfitta ai Thunder. Forse qualche dramma lo si può evidenziare anche per l’intera squadra, che nel periodo in questione è parsa priva di idee, troppo spesso dipendente dal numero 0 del team. Una compagine che ha prodotto solo 18 punti giocandosi il vantaggio accumulato fino a quel momento. Russell non può sempre brillare, e la pessima prestazione nei minuti finali lo dimostra: 2 su 8 nell’ultimo quarto, tirando in generale molto male per tutta la gara, con un 7 su 19 complessivo, e un zero su quattro da tre. Certo, Westbrook non è mai stato un cecchino infallibile, spesso in questa stagione lo si è messo in cattiva luce per le pessime percentuali da fuori, ma non sono certo una novità. Chi lo segue da molto sa che il suo gioco non è mai stato troppo produttivo oltre la linea da tre, e il fatto che nei momenti finali gli sia capitato di mettere molti tiri, spesso anche da fuori, non fa di lui un tiratore, quanto più un giocatore dal killer instinct elevato. Forse andava inteso prima che quei tiri non doveva prenderseli lui, perché se non è serata difficilmente le cose cambiano nei secondi finali di una partita in cui quasi nulla è andato come doveva andare.
Ma ricostruiamo brevemente gli ultimi istanti di gara: il primo air-ball è a due minuti dal termine del match, in un’azione manovrata non troppo bene dai Thunder, che su rimessa scaricano a Westbrook. Il giocatore con sei secondi dal termine tenta una tripla dalla lunghissima distanza, ma il risultato è quello a cui si citava prima. Il punteggio era a questo punto sul 91-96. Dopo un rapido recupero della squadra di Oklahoma che si porta sul meno uno, LaMarcus Aldridge riesce ad eludere la marcatura di Steven Adams e a schiacciare la palla a canestro, riportando i suoi al più tre. È in questo momento che il numero zero dei Thunder decide di prendersi un’altra tripla che può valere il pareggio, ma appena lasciato partire il pallone già in lui si vede la mancata fiducia nel suo tiro e nei suoi mezzi, quella stessa fiducia che gli ha regalato emozioni nello scorso anno da mvp della lega. La tripla si conclude con il secondo air-ball, decisivo per permettere a San Antonio di allungare quel tanto che basta per non essere più recuperata. 96-101 con dieci secondi sul cronometro, e questa volta la rimessa finisce nelle mani di Paul George, il quale fino a quel momento aveva messo a segno due delle cinque triple tentate: palla a canestro, ma non è abbastanza a far ritornare i Thunder in gioco. Si concluderà così la gara, con gli Spurs che segneranno i liberi e Oklahoma che si dovrà arrendere.
La questione che sorge spontanea è quanto Westbrook dovesse prendersi quei tiri, e soprattutto quello nel momento in cui la squadra si trovava a meno tre a pochi secondi dal termine di gara. Forse si è fidato poco lui dei compagni? O forse la squadra si è fidata troppo di lui? Sta di fatto che Paul George poteva essere l’indiziato numero uno per sostituire Russell al tiro in quel momento, l’ex Pacers stava giocando un’ottima gara, nonostante le percentuali non altissime, ma era sicuramente in condizione migliore del playmaker dei Thunder. Anche Carmelo Anthony in quel caso avrebbe forse potuto concludere, il suo è stato un deludente quarto quarto, in cui non ha tirato nemmeno una volta in sei minuti di impiego, quasi improponibile come cosa da un elemento importante come lui, eppure sino a quel momento era a tre triple segnate su tre tentate. Lo scarso impiego al tiro nel quarto poteva renderlo un fattore a favore della squadra di coach Billy Donovan, perché gli avversari potevano pensare che fosse poco propenso a prendersi uno degli ultimi tiri. Proprio l’allenatore dei Thunder però si è detto fiducioso nei confronti di Russell, e le sue parole ci portano sulla direzione che vede la squadra consegnare questi tiri a Westbrook e non il contrario: “Mi fido di lui in queste situazioni. È una stella ed è intelligente. Penso che riguardi la sua competitività e la sua volontà di uscire e provare a vincere le partite. Ho sempre ammirato il fatto che lui non si tiri indietro, ed è qualcosa che fa di lui il giocatore che è. Non hai intenzione di segnare più game-winner di quelli che sbagli. È solo la realtà. Ma è il coraggio di andare là fuori e fare ciò che bisogna fare avendo fiducia in te stesso per fare tiri del genere”.
Anche Steven Adams ha scambiato alcune parole con i giornalisti su questo finale poco produttivo dei Thunder: “Penso che dipenda solo da noi. Non fraintendermi, tutti cercano solo di vincere. Ma in quel momento, qualunque sia la giocata, è quello che è. Devi solo vivere con quello che ti viene. Penso che sia quello che è venuto fuori. Esecuzione, esecuzione delle nostre giocate”. Russell Westbrook non ha avuto molte parole per i media, un leggero e ironico “you know me”, “mi conoscete”, che lascia pensare a tante cose. Credo che in definitiva non ci sia da prendere esclusivamente un capro espiatorio per analizzare la sconfitta dei Thunder, Russell non ha dato il meglio di sé e forse non è stato all’altezza della situazione, ma in quel momento è anche vero che si poteva prevedere la cosa e consegnare le chiavi di qualche giocata ad altri giocatori. Sbaglia il coach e sbagliano i giocatori, si è umani. L’unica certezza rimane il fatto che San Antonio acchiappa la quarta posizione in classifica, e che i Thunder hanno ancora molto da lavorare in vista dei playoff imminenti se vorranno essere una contender per il titolo.