Tanking? No, grazie. Dopo aver cominciato la stagione con un terribile record di tre vittorie a fronte di venti sconfitte, i Chicago Bulls di Fred Hoiberg hanno invertito la rotta nell'ultimo mese, vincendo nove delle ultime undici partite. Svolta che è coincisa con il rientro in campo dello spagnolo Nikola Mirotic, fuori per le prime sei settimane di regular season dopo essere stato letteralmente messo k.o. dal compagno di squadra Bobby Portis (scazzottata in allenamento), ora altro giocatore importante per la risalita della squadra di Chicago. 

Una stagione iniziata con aspettative e idee di rebuilding, con l'abbandono di ogni velleità di playoffs e con l'addio a top players o presunti tali. Salutati Derrick Rose e Pau Gasol nell'estate del 2016, il frontoffice dei Bulls, composto dal duo John Paxson-Gar Forman (aspramente contestati dai tifosi) ha smantellato definitivamente la squadra che con Thibodeau in panchina era stata fino al 2012 tra le candidate al titolo NBA, decidendo di dare il benservito a Dwyane Wade e Rajon Rondo, stelle in fase calante che non potevano fornire alcuna prospettiva di vittoria. Ma la scelta chiave, quella cha ha avviato i Bulls sulla strada senza ritorno del rebuilding, è stata quella di scambiare Jimmy Butler, ultima superstar realmente spendibile, nella notte del Draft, ricevendo dai Minnesota Timberwolves (dello stesso Thibodeau) Kris Dunn, Zach LaVine e la settima scelta assoluta alla lottery del Barclays Center, individuata poi nel finlandese Lauri Markkanen. L'inizio di una lunga traversata nel deserto per la franchigia della Windy City, come testimoniato dal primo quarto di regular season, trascorso a contare sconfitte e canestri subiti. In mezzo, la lite tra Mirotic e Portis, a rendere ancor più difficile la vita a Hoiberg e al suo staff tecnico. Il rientro in campo di Mirotic ha però modificato il corso degli eventi: il montenegrino naturalizzato spagnolo ha scosso la squadra con una serie di grandi prestazioni, non solo realizzative, ma anche a rimbalzo, dando nuova linfa a tutto il gruppo, che si è scoperto più competitivo di quanto si pensasse. Lo stesso Portis ha reagito con rabbia alla sospensione inflittagli dalla sua franchigia, mentre Kris Dunn ha iniziato a mostrare quella consistenza che lo aveva reso tanto appetibile nel Draft del 2016. Dunn, prodotto da Providence, è una point guard di difficile interpretazione. Non un gran passatore, nè un gran realizzatore (il suo tiro da tre punti è ancora mancante nel bagaglio tecnico), sta mettendo in mostra doti di agonista più che di playmaker vero. Due le sue caratteristiche principali: arrivare al ferro dopo un pick and roll e tirare dalla media distanza.

Intorno a Dunn e a Robin Lopez, usato sicuro sotto le plance, gira il quintetto titolare di Hoiberg, che ha in Denzel Valentine un ottimo tiratore, ancorchè discontinuo, e un passatore sottovalutato, in Justin Holiday un elemento di sostanza e in Lauri Markkanen la vera pepita d'oro della miniera dello United Center. Il lungo finlandese si è sinora distinto quasi esclusivamente per la sua abilità nel tirare da qualsiasi posizione, con un range di tiro pressochè illimitato, ma le sue doti - in prospettiva e non solo - vanno molto oltre quelle di un normale stretch forward. Il paragone con Dirk Nowitzki è pesante, difficile da sostenere anche per il futuro, ma il giocatore c'è eccome, come dimostrato anche agli ultimi Europei di pallacanestro. La Chicago di questo periodo, che viaggia a ritmi da playoffs, pur avendo chances quasi nulle di raggiungerli, vive però sulle scosse di Mirotic e Portis, che abbassano il quintetto e formano un second unit che spesso ribalta le partita per i Bulls. Niko sta segnando con continuità, mettendo in vetrina un'aggressività sconosciuta prima d'ora, mentre il suo compagno di cazzotti dà energia sotto canestro, con David Nwaba - ex Los Angeles Lakers - sempre attivissimo sui due lati del campo. Jerian Grant fa il vice-Dunn, Paul Zipser apre il campo con il tiro da tre, mentre sono stati per ora accantonati i vari Felicio e Pondexter. Tagliato Kay Felder, i Bulls aspettano con ansia il rientro di un grande atleta come Zach LaVine, giocatore estremamente divertente da vedere, ancora da costruire per quanto riguarda il profilo dell'efficacia. Con lui in campo, e in condizioni decenti, la stagione di Chicago avrà un altro senso, con un profumo di futuro che fino a poche settimane fa era impossibile avvertire sulle rive del lago Michigan.