Sulla via per emulare il Re, ma ancora con tanta strada da fare. Questo è quello che emerge dalla prima sfida tra LeBron James e Ben Simmons, identificato da diversi appassionati ed addetti ai lavori come il naturale erede del 23 in maglia Cavaliers. Cavs che hanno trionfato proprio sui 76ers, nella serata di lunedì: 113-91 con Simmons fermo appena a dieci punti (5/11 dal campo con 8 rimbalzi), ben limitato dal diretto marcatore Crowder e dalla tattica difensiva di Cleveland, quella di concedere apertamente il jump-shot dalla distanza per poter coprire meglio le letali penetrazioni dell’australiano. In compenso, dall’altra parte, James metteva in mostra uno show da 30 punti, 13 rimbalzi e 6 assist per un totale dominio del parquet.
La prestazione incolore, però, non è il problema peggiore per il play di Philadelphia: Simmons ha lasciato il gioco a metà del quarto quarto, per una distorsione alla caviglia che ha preoccupato abbastanza lo staff: ulteriori valutazioni, comunque, sono attese a breve, con la speranza di non dover fare a meno per troppo tempo del miglior rookie per punti, rimbalzi ed assist di media a partita (rispettivamente 18.5, 9.1 e 7.7).
LeBron, difatti, non ha lesinato parole dolci per il suo alter-ego più giovane: “La partita non era me contro Ben, ma Cavs contro 76ers… Sono onorato che un ragazzo giovane e talentuoso come lui mi permetta di essere suo mentore, e di essere nella sua vita come un fratello maggiore. Mi onora e continuerò a farlo finché vorrà”. Un rapporto speciale, quindi, nato anche dal fatto che i due condividono lo stesso agente, Rich Paul.
A smorzare i toni ci ha pensato anche coach Brett Brown, che ha sottolineato come sia poco attendibile paragonare Simmons ai grandi di questo gioco dopo appena 18 partite in NBA: “Lo capisco, ma né Ben né noi abbiamo ancora fatto nulla. Personalmente sono stato privilegiato a condividere quest’era con James, a vederlo giocare sin dal suo debutto ed a vederlo crescere. È incredibile, incredibile. Come sta in campo, come gestisce le responsabilità. Fuori dal campo, invece, è un simbolo, e rappresenta sé stesso e la NBA con enorme orgoglio. Ha fatto tantissimo anche per la nostra nazionale. Per cui, per paragonare Simmons e LeBron, secondo me bisogna aspettare quantomeno qualche anno”.
A fare eco al proprio coach è proprio il diretto interessato: “Sarei infastidito anche io se qualcuno mi comparasse ad un rookie. Non dovete farlo. Non ancora”.