San Antonio, Texas. Anno 2 d.D. (dopo Duncan), forse il più complicato nelle ultime venti – o addirittura qualcosa in più – stagioni degli Spurs, almeno stando alle premesse. All’ombra dell’Alamo lo striscione di fine corsa si fa sempre più vicino, mentre Buford e Popovich progettano il presente ed il futuro con difficoltà logistiche di un certo livello. L’estate 2017 non è stata infatti tra le più memorabili della storia nero-argento: dopo l’all-in su Kevin Durant nell’estate scorsa, andato a vuoto, i sogni dell’ultima free agency si sono infranti dopo il passaggio di Chris Paul a Houston e la trade che ha visto Kyrie Irving lasciare i Cavs direzione Celtics. La situazione, già estremamente delicata dopo gli infortuni di Parker e Leonard, che condizioneranno l’avvio di stagione, rischiava di precipitare con le scadenze di contratto di diversi uomini chiave: il salvataggio, però, è riuscito solo in parte.

Fonte immagine: Twitter @spurs

Volti vecchi e nuovi

Tre sono state le conferme, la principale – non solo la più ricca, ma anche sotto il profilo tecnico – è quella di Patty Mills, che ha inchiostrato un contratto da cinquanta milioni in quattro anni, cifre relativamente importanti per l’uomo chiamato più di tutti al salto di qualità. Fiducia e continuità anche per i due veterani per eccellenza, a partire da Manu Ginobili, sembrato nuovamente sul punto di ritirarsi salvo cambiare idea in estate per cercare l’ultima corsa, sebbene abbia firmato un biennale. Tre invece gli anni di contratto offerti a Pau Gasol, per un totale di 48 milioni di Dollari: cifre non solo importanti, ma anche sproporzionate per un trentasettenne in deciso calo fisico, la cui esperienza potrebbe però tornare decisamente utile alla lunga.

Pesa soprattutto l’addio di Simmons: difesa, atletismo, punti. 3&D quasi ideale.

Hanno invece salutato la compagnia tre elementi importanti per la rotazione di coach Pop, soprattutto Jonathon Simmons, protagonista di un tira e molla che sembrava potersi concludere in bellezza, prima dell’offerta degli Orlando Magic e della decisione di San Antonio di lasciar partire il proprio numero 17, elemento che sarà con ogni probabilità rimpianto per la sua capacità di dare contributo atletico e difensivo. Discorso simile vale per DeWayne Dedmon, il cui impatto era stato comunque meno importante: il centro ha deciso di firmare con Atlanta, lasciando dopo una sola stagione il Texas. Anche l’altro lungo di riserva, ovvero David Lee, ha cambiato aria, ma per ora non ha ancora trovato un contratto, seppur venga da una stagione parzialmente positiva.

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Parlando invece di volti nuovi, la mossa più importante è stata la firma di Rudy Gay per una cifra piuttosto inferiore alla media (biennale da 17 milioni di Dollari). L’ala ex Memphis, Toronto e Sacramento è un rinomato solista offensivo con diverse pecche a livello difensivo, un giocatore che con il contesto e le idee degli Spurs tenderebbe di primo acchito a non abbinarsi, anche se la sua vena realizzativa – da oltre 10 stagioni scollina oltre i 17 punti di media a notte – potrebbe risolvere più di un problema nell’attacco di coach Pop. Viene però da un grave problema al tendine d’Achille che gli ha fatto perdere un’importante fetta della scorsa stagione. Di secondo piano gli arrivi di Joffrey Lauvergne, il quale, stando così la situazione a roster, sembra essere il primo ricambio dei lunghi, e di Derrick White, point guard rookie scelto al draft, giocatore ancora tutto da valutare e che potrebbe ritagliarsi minuti soprattutto nella prima parte di Regulas Season.

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La grana Parker e le alternative

Prima del mercato e prima dei volti nuovi, infatti, San Antonio deve fare i conti con il principale tema e preoccupazione di campo, ovvero l’infortunio di Tony Parker. Il problema al quadricipite, rimediato nella serie di secondo turno contro gli Houston Rockets, per la precisione in gara-2, degli scorsi Playoff, terrà il franco-belga lontano dal parquet almeno fino a dicembre e costringerà Popovich a ridisegnare non solo le rotazioni, ma anche buona parte del repertorio offensivo della sua squadra. Mancano infatti le alternative in grado di giocare il pick’n’roll con la stessa efficacia del numero nove. In altri termini, Patty Mills, il primo back-up di Parker – anche se considerarlo solo come tale sarebbe estremamente riduttivo – ha caratteristiche ben differenti e non necessariamente è il miglior portatore di palla, responsabilità che per i primi due mesi di stagione toccherà ancora, come al solito, al faro Kawhi Leonard.

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Rientro di Parker probabile per dicembre, dopo due mesi di Regular Season.

Una possibile alternativa sarebbe la promozione in quintetto base di Dejounte Murray nel ruolo di point guard, rischio piuttosto grosso vista l’inesperienza del sophomore, il quale ha mostrato enormi pregi ma altrettanti difetti, da limare con una crescita costante di minutaggio, quando è stato lanciato nella mischia lo scorso anno. Caricarlo subito di responsabilità potrebbe essere un peso eccessivo da gestire, ma allo stesso tempo Popovich non può concedere troppi minuti a Ginobili, il vero sostituto di Parker da quattro anni a questa parte. L’hombre vertical, dall’alto delle sue quaranta candeline spente lo scorso 28 luglio, sarà minuziosamente gestito lungo le ottantadue di Regular Season per averlo nelle migliori condizioni possibili da aprile a giugno, restringendo ancora di più un cerchio di scelte nel backcourt dove l’unica certezza pare lo spot di shooting guard titolare. Danny Green, però, dovrà alzare il proprio rendimento in maniera esponenziale.

Un nuovo corso?

Aldridge e Gasol insieme faticano. Gestirli come cinque? Sì, ma…

Il prodotto di North Carolina potrebbe in determinate circostanze di gioco muoversi addirittura da 3, poiché la nuova direzione di Popovich per i suoi Spurs potrebbe essere più perimetrale, sia per scelta che per necessità. Il reparto lunghi vede attualmente a roster soltanto Aldridge oltre ai sopracitati Lauvergne e Gasol: l’ex Portland e il professore catalano hanno ampiamente dimostrato di non poter convivere con frequenza, sebbene la loro tecnica sopraffina permetta di avere un’ottima intesa ed anche un buon range di tiro. Si potrebbe profilare dunque una situazione nuova, con quattro esterni ed un lungo estremamente tecnico, una scelta che andrebbe ad attutire le lacune di fisicità sotto canestro. Non è però escluso che Buford possa riaccendere i radar alla ricerca di un rimbalzista entro febbraio, molto dipenderà anche dall’approccio del roster nei primi tre mesi di stagione e dalla situazione di Aldridge, che nei primi due anni non ha davvero brillato fino in fondo.

Anche optando per questo tipo di scelta tattica, però, i problemi rimarrebbero. Leonard sembra il primo candidato per giocare da stretch four, posizione che vedrebbe aumentare il lavoro difensivo pesante contro giocatori più alti e maggior dispendio, con meno lucidità in attacco; senza dubbio Kawhi ha le spalle larghe per reggere determinate responsabilità, meno il fiato per reggere a tali ritmi fino ai PlayOff, specialmente nell’inferno di una Western Conference mai come quest’anno competitiva e partendo con una condizione fisica non eccezionale. Il rientro di Parker, peraltro motivato anche dall’ultimo anno di contratto, sarà un toccasana anche in questo senso, posto che le ginocchia reggano e il fisico assista il franco-belga.

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Aspettative al ribasso

Insieme a lui, anche tante seconde linee come Forbes, Anderson e Bertans si giocano il futuro all’interno del nuovo corso di San Antonio: tutti loro sono chiamati ad un importante salto di qualità in uscita dalla panchina, soprattutto in Regular Season. È una San Antonio che non fa più così paura, che vive un periodo di transizione complicato sia da gestire sulla scrivania che all’interno del campo. L’anno scorso l’attenuante del ritiro di Duncan, ancora pilastro a 40 anni suonati, ha mitigato le critiche nei confronti di una franchigia che, per la verità, senza infortuni avrebbe potuto far sudare qualcuna in più delle proverbiali sette camicie ai futuri campioni di Golden State. La sensazione, però, è che l’estate abbia soltanto peggiorato le cose. Il decantato declino degli Spurs, dopo anni e anni di ritardo (la prima volta risale al 2009), sembra essere cominciato.

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Sempre più tutto sulle spalle di Kawhi Leonard.

I mezzi per riuscire a dare una svolta sembrano per la verità pochi, quest’anno all’ombra dell’Alamo pare veramente difficile riuscire ad andare oltre le mani, la testa e le gambe di Kawhi Leonard, faro e guida di una squadra che di lui sembra non poter fare a meno. Potrebbe essere il primo anno per provare a costruire il futuro, una scelta che andrebbe però a cozzare con il contrattone fatto firmare a Pau Gasol, bloccato fino al 2019 – con un parzialmente garantito per l’ultimo anno. Stupirebbe in ogni caso che Buford e Popovich davvero non abbiano le idee chiare, stupirebbe ancora meno una scarsa fiducia dell’ambiente nei confronti di chi sta al vertice da oltre vent’anni. Niente botte di ferro, dopo tanti anni di certezze, ma probabilità che, sebbene di legno, la botte 2017/18 degli Spurs contenga un vino buono. Garantisce Pop.