Se dovessimo guardare all’ultima stagione in quel di Oklahoma City, sicuramente i sentimenti dominanti sarebbero la rabbia, il disprezzo e la sete di vendetta. Tutti indirizzati, ovviamente, a Kevin Durant, reo di aver lasciato i Thunder per accasarsi a Golden State. L’accusa dei tifosi al nativo di Washington è – ovviamente – quella di aver abbandonato un progetto in ascesa (ma forse arrivato all’apice) per unirsi ad un super-team, lasciando solo il suo compagno di scorribande per anni, Russell Westbrook. La storia, poi, ci racconterà un Durant da sogno, eletto MVP delle Finals NBA ed assoluto protagonista della serie contro Cleveland. Westbrook, invece, può vantare il record di triple doppie in singola stagione, 43, che gli sono valse la nomina di MVP della stagione 2016/17.
Agli albori della nuova stagione, però, qualcosa sembra cambiare. La dirigenza di OKC si è mossa, e tanto, per fornire al miglior giocatore della scorsa stagione un supporting cast all’altezza, perché no, di ambizioni da titolo. Solo il tempo dirà se il General Manager Sam Presti avrà centrato il suo obiettivo, ma le previsioni sono piuttosto rosee. Con due trade di cui si è parlato in ogni angolo del globo, Presti ha fatto approdare in Oklahoma Paul George e Carmelo Anthony. Certo, il prezzo da pagare è stato quello di liberarsi di asset, come si chiamano in gergo, abbastanza pesanti, ma in cambio coach Donovan avrà tre pluri-all-star a disposizione. Agli Indiana Pacers , ad esempio, sono stati spediti Vitor Oladipo e Domantas Sabonis. Certo, uno scambio squilibrato, ma OKC potrebbe rischiare di ritrovarsi con niente in mano la prossima estate, dato che George sembra promesso sposo dei Lakers alla scadenza del suo contratto. Per ottenere Anthony, invece, sono stati messi sul piatto Enes Kanter, Doug McDermott ed una seconda scelta del Draft 2018. Le incognite, in questo caso, non sono sul contratto dell’ex-New York, che comunque potrebbe decidere di liberarsi la prossima estate, quanto sulle sue motivazioni e sul suo rendimento lontano dalla Grande Mela.
Rispettivamente nei Pacers e nei Knicks, George ed Anthony sono sempre stati accentratori di gioco, realizzatori puri capaci di creare punti da qualsiasi situazione, ma soprattutto hanno sempre portato addosso i gradi di prima scelta offensiva. Farli giocare insieme ad un Russell Westbrook da 24 tentativi dal campo di media a partita potrebbe essere un problema: almeno uno dei tre dovrà rivedere al ribasso le proprie stime offensive, e considerati i caratteri tutt’altro che miti dei protagonisti la cosa potrebbe causare qualche attrito di troppo. Qui, la patata bollente passa all’allenatore: Billy Donovan dovrà far suonare insieme tre violini solisti limitando al minimo le stonature e le sovrapposizioni. Allo stesso tempo, però, pensare ad un quintetto con i tre sopracitati ed un comprimario come Steven Adams, sempre più quotato tra i lunghi NBA, che sta aggiungendo ad una difesa rocciosa una capacità offensiva non indifferente, oltre all’abilità di contribuire con tante piccole giocate nelle pieghe della partita, non può che far sorridere tifosi ed appassionati. A completare lo starting five potrebbe essere un altro difensore validissimo come Andre Roberson, capace di coprire sui cambi anche le sviste dei suoi compagni di squadra. Per quanto riguarda la panchina, ovviamente, qualche sacrificio è stato fatto: soprattutto nel ruolo di centro, l’unico ricambio sarebbe il classe ’95 Dakari Johnson, che comunque ha fatto vedere buone cose in pre-season.Il reparto lunghi potrà anche contare su giocatori d’esperienza come Patterson, arrivato da Toronto con un triennale da circa 16 milioni. Lo spagnolo Abrines e Felton saranno i ricambi delle guardie, mentre Kyle Singler si giocherà i suoi minuti da ala. Una panchina sicuramente sufficiente, ma che forse potrà risultare carente - costringendo agli straordinari i titolari - in post-season.
Insomma, il roster messo in mano a Coach Donovan è chiaramente un one-year-shot: troppi i dubbi contrattuali e tecnici per programmare già il futuro. Una squadra messa insieme sacrificando tanti possibili talenti con un unico obiettivo: vincere e farlo subito. Certo, OKC capiterà in una Western Conference che ha visto il livello medio di talento aumentare vertiginosamente, e trovare un posto in finale di Conferenxe non sarà per niente facile, ma la mole di straordinari interpreti presenti a roster non permette ai Thunder di poter passare sottotraccia. Far entrare tre stelle del genere in un sistema offensivo prima e difensvo poi, ben organizzato, sarà impresa non da poco, e potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio sia in spogliatoio che sul parquet. Il primo a dover fare un passo indietro sarà sicuramente Russell Westbrook, che passerà da un one-man-show ad una specie di oligarchia della pallacanestro, in cui il leader potrà cambiare di partita in partita ma anche all’interno dello stesso match: sarà essenzale per il numero 0 evitare di forzare troppi tiri quando non è in giornata, lasciando piuttosto campo (o creando occasioni in prima persona) ai due ultimi arrivati. Allo stesso tempo, George ed Anthony dovranno essere convinti del progetto, con umiltà, e mettersi al servizio della squadra senza specchiarsi nella loro fama. Se tutti i tasselli dovessero prendere il posto giusto, ad Ovest potrebbe essere nata una nuova contender. Altrimenti, nell’estate 2018 si dovrà ricostruire quasi da zero.