"Mamba Out". Con queste parole, Kobe Bryant aveva salutato il pubblico dello Staples Center al termine della sua ultima gara da professionista disputata con la maglia dei Los Angeles Lakers, il 13 aprile 2016, contro gli Utah Jazz, mettendo a referto sessanta punti con il 44% di percentuale dal campo. E sul parquet dello Staples Kobe dovrà tornare il prossimo 18 dicembre, quando la franchigia gialloviola ritirerà le storiche maglie della sua carriera, la numero otto e la numero ventiquattro, lanciando definitivamente il Black Mamba nell'Olimpo dei Lakers.
Bryant si aggiunge dunque a grandissimi nomi della storia gialloviola, che hanno già visto ritirati i propri numeri di maglia, esposti allo Staples Center insieme ai gonfaloni dei titoli NBA conquistati nel corso degli anni. Una compagna d'èlite, che comprende fenomeni del calibro di Wilt Chamberlain (Numero 13), Elgin Baylor (22), Gail Goodrich (25), Magic Johnson (32), Kareem Abdul-Jabbar (33), Shaquille O'Neal (34), James Worthy (42), Jerry West (44) e Jamaal Wilkes (52). Saranno due le maglie ritirate, perchè - con ogni probabilità per motivi di marketing - Kobe ha diviso la sua carriera in due parti. Una prima, giocata con la numero otto, dal 1996 al 2006, una seconda disputata con la numero ventiquattro, dal 2006 al 2016. Giunto in NBA senza passare dal college, Bryant divenne ben presto il pupillo di un'altra icona gialloviola (e dell'intera NBA), Mr. Logo, al secolo Jerry West, che lo portò ai Lakers nel 1996, "soffiandolo" a Charlotte. I primi anni di carriera di Kobe furono subito esaltanti, anche perchè questo ragazzo di Philadelphia, cresciuto in Italia, non aveva paura di nessuno, neanche di Michael Jordan, del quale sognava di ripercorrere le gesta. Dal 2000 al 2002 sarebbero arrivati tre titoli NBA consecutivi, con Phil Jackson in panchina e Shaquille O'Neal in campo, mentre dal 2004 - sconfitta in finale contro i Detroit Pistons, con Karl Malone e Gary Payton aggiunti al roster gialloviola - ecco un triennio di traversata nel deserto, fino alla ritrovata competitività dei Lakers, nuovamente con Jackson sulla tolda di comando, concluse con due titoli (2009 e 2010, contro Orlando Magic e Boston Celtics) in tre finali consecutive. Infine, il lento declino, contrassegnato da infortuni assortiti, per un giocatore capace di partecipare a diciotto All-Star Game e due volte MVP delle Finals (ma per i record di Bryant sarebbe necessario utilizzare litri di inchiostro).
A dare l'annuncio del ritiro delle maglie di Kobe, ovviamente i Los Angeles Lakers del nuovo corso rappresentato da Jeanie Buss (per la proprietà) e Magic Johnson (presidente esecutivo). "Le maglie di Kobe troveranno ben presto il posto che spetta loro - le parole di Jeanie in un comunicato - a casa, a fianco di quelle degli altri grandi Lakers di tutti i tempi. Non c'è mai stato alcun dubbio sul fatto che questo giorno sarebbe arrivato, l'unico punto interrogativo riguardava il quando. I tifosi dei Lakers potranno celebrare ancora una volta il loro eroe e, come già accaduto in passato, i nostri rivali ci invidieranno il leggendario Kobe Bryant". Anche Magic Johnson ha speso parole al miele per Kobe: "Si tratta di un riconoscimento davvero meritato - ha detto Magic - Kobe è uno dei più grandi non soltanto della storia dei Lakers, ma anche dell'NBA di ogni epoca: fa parte senza dubbio del mio personale Mount Rushmore NBA. Non vedo l'ora di ammirare quelle due maglie ritirate e appese al soffitto dello Staples Center, e di festeggiare questo giorno speciale con lui e con la sua famiglia". Non poteva mancare un pensiero del diretto interessato, espresso sempre in una nota: "Da bambino cresciuto in Italia, ho sempre sognato di vedere appesa la mia maglia tra i pilastri dei Lakers, ma non avrei mai immaginato che un giorno ne sarebbero state ritirate due. I Los Angeles Lakers mi hanno tributato un grande onore, sono grato a loro e felice per l'entusiasmo dei tifosi". La cerimonia avverrà in un contesto speciale, ovverosia nella sfida tra i nuovi gialloviola di Luke Walton e i campioni in carica dei Golden State Warriors, degno palcoscenico per celebrare il giocatore che più di tutti ha segnato gli ultimi vent'anni di pallacanestro NBA.