E' stata una delle vicende più seguite dell'estate NBA. Kevin Durant che declina una player option da 27.3 milioni di dollari, prevista in suo favore dal contratto in essere con i Golden State Warriors, per consentire ai campioni NBA di rinnovare i rispettivi accordi con il nucleo della franchigia californiana, da Stephen Curry ad Andre Iguodala, da Shaun Livingston a JaVale McGee, passando per il centro titolare della squadra, il georgiano Zaza Pachulia.
Una rinuncia che ha dato modo al general manager Bob Myers di lavorare alle estensioni di giocatori chiave per il sistema di coach Steve Kerr, e che ha lasciato sostanzialmente inalterato il roster di Golden State (via il solo Ian Clark, destinazione New Orleans Pelicans, dentro Nick Young, in uscita dai Los Angeles Lakers). Dopo la girandola dei rinnovi, Durant si è infine accordato nuovamente con i Warriors, firmando a sua volta un biennale da 51.2 milioni di dollari complessivi, con altra player option fissata per il 2018. Una mossa che ha evitato ai californiani di far percepire a KD il massimo salariale (34 milioni a stagione), andando a incidere sull'ammontare della tassa di lusso pagata dalla franchigia di proprietà di Joe Lacob (Warriors già abbondantemente sopra il cup, ma con venticinque milioni "risparmiati" dalla decisione dell'MVP delle Finals). Una scelta comunque controversa, che non ha mancato di alimentare critiche e polemiche, in linea con quanto avvenuto a Durant dal momento del suo passaggio da Oklahoma City a Oakland. KD fa dunque chiarezza sui passaggi della sua offseason, attraverso un'intervista rilasciata ad Anthony Slater di The Athletic: "Credo di essere un ragazzo intelligente - le sue parole - e ho voluto che le cose continuassero ad andare avanti come prima. Guardando Andre, Steph e Shaun, sapevo che tutti loro avrebbero dovuto guadagnare il più possibile durante questa free agency, per prendersi ciò che meritavano, perchè sono stati a lungo sottopagati. Sapevo che sarebbe arrivato un momento in cui si sarebbero presi ciò che si erano meritati. Ecco perchè ho deciso di fare un passo indietro e di attendere gli sviluppi della situazione. Solo dopo ho ripreso il destino nelle mie mani".
"Volevo che questa squadra rimanesse insieme - prosegue Durant - e ho pensato che avere ancora questi giocatori sarebbe stato un bel vantaggio per la proprietà. E poi, alla fine di tutto, si tratta dei miei soldi e di una mia decisione. Posso fare quel che mi pare con tutto ciò. Le critiche sono giunte da chi voleva che i soldi rompessero i Warriors. Tutte polemiche create perchè i protagonisti della vicenda eravamo io e Golden State, e perchè ormai c'è gente che odia tutto ciò che facciamo. Tanti giocatori si sono ridotti lo stipendio in passato. Di certo io non l'ho fatto per essere elogiato. Ho imparato da Tim Duncan e Dirk Nowitzki come si può aiutare una squadra nel corso degli anni: se l'hanno fatto loro, perchè non avrei dovuto farlo io? Perchè non fare un sacrificio? La gente sperava che i soldi rompessero l'armonia dei Warriors, e semplicemente non voleva che io prendessi la mia decisione". Durant approva infine i movimenti della free agency, e della offseason in generale, di tante avversarie di Golden State: "Abbiamo visto tante operazioni di diversi general manager, che hanno provato a cambiare le rispettive squadre. Bisogna rispettarli. In passato, c'erano soprattutto gm conservativi, che tentavano di risparmiare denaro o di costruire ogni anno tramite il Draft, solo per rimanere ok. Invece le squadre sono fatte per vincere, ed è normale che si provino a mettere insieme i giocatori migliori. L'NBA è una grande lega, in cui si vogliono vedere i top al livello più alto. E' costruita così, guidata dalle star, che decidono dove andare. Poi ci sarà un altro gruppo di superstar che farà la stessa cosa, e ancora a seguire. Spero che sia questo ciò che abbiamo iniziato a fare".