Non poteva che esserci prima o poi una reazione da parte dell’uomo che, assieme all’ormai scontato Lebron James, più di tutti ha contribuito alle fortune della storia recente dei Cleveland Cavaliers. Serie finale cominciata in sordina per Uncle Drew, con le prime due partite, vinte senza troppi affanni da Golden State, in cui il numero 2 dei Cavs ha tirato male (18 su 45 complessivo dal campo), ma soprattutto non è mai stato in grado di lasciare una vera e propria impronta a livello tecnico e mentale sulle partite che, da un giocatore del suo livello e della sua personalità, ci si sarebbe potuto aspettare. Tante forzature, poca lucidità in momenti chiave della partita e difesa quantomeno rivedibile erano le costanti di un giocatore che, complice la difesa a uomo enciclopedica che Klay Thompson gli aveva contrapposto, pareva aver lasciato testa e motivazioni al TD Garden di Boston.
A quanto pare però era solo questione di tempo perché Irving alzasse sensibilmente il livello del proprio gioco già dalla prima partita tra le mura amiche della Quicken Loans Arena, con vittoria solo sfiorata da parte dei Cavs, in cui Kyrie ha espresso, per larghi tratti dell’incontro, una sostanziale onnipotenza cestistica, segnando a ripetizione indipendentemente da chi avesse di fronte e totalizzando un fatturato di 38 punti, secondi solo ai 39 di James in gara 3. Unica pesante pecca nella sua prestazione, una tripla in step back finita solo sul primo ferro, contro l’ennesima straordinaria difesa di Thompson, nell’ultimo e decisivo quarto quarto della partita, in cui Golden State ha compiuto il parziale che gli ha assicurato la vittoria in trasferta.
Gara 4 si è protratta sulla medesima falsariga per Kyrie, dimostrando fin dai primi minuti che il giocatore, a tratti apatico ed in balìa del flusso di gioco avversario delle prime due gare era solo un lontano ricordo, aggredendo la partita e contribuendo largamente ai 49 punti segnati da Cleveland nel solo primo quarto. Gara chiusa con numeri da superstar assoluta con un bottino di 40 punti (top scorer per entrambe le squadre) con un ottimo 55,6% dal campo condito con 7 rimbalzi e 4 assist. Lebron James nella conferenza stampa post partita dichiarerà: “Ho ripetuto molte volte che lui è nato per questi momenti decisivi, e stasera l’ha dimostrato un’altra volta. […] Questa cosa non è sorprendente. Lui è davvero così speciale”. Dopo queste ripetute dimostrazioni tra questa e la scorsa stagione le parole del leader dei Cavs risultano più che mai veritiere. Kyrie è un giocatore speciale, che fa dei fallimenti e delle critiche nuovi e fondamentali stimoli che lo spingono a migliorarsi costantemente. La serie tuttavia, nonostante le prodezze di Kyrie e Lebron, si trova al momento sul 3-1 in favore dei Golden State Warriors e perciò non è assolutamente da escludere il fatto che la conclusione di questa stagione NBA possa vedere Curry e compagni sul tetto del mondo per la seconda volta in tre anni. Questo darebbe inevitabilmente inizio ad un’analisi di ciò che non è funzionato in casa Cavs per quanto riguarda le finals e non solo, al momento caratterizzate da molte difficoltà nella metà campo difensiva che, soprattutto nelle prime due gare giocate nella baia, hanno reso la vita sostanzialmente facile ad una squadra con la potenza di fuoco di Golden State.
Uno dei principali imputati per quanto riguarda questi problemi è proprio Kyrie Irving che, se da un lato può essere tranquillamente considerato come uno dei migliori attaccanti della lega, lo stesso non si può dire delle sue attitudini alla difesa e al lavoro sporco. Kyrie ha già dimostrato che con la giusta concentrazione può dare il suo contributo in entrambe le metà campo in modo assolutamente efficace, ma al momento le sue finali hanno dimostrato ancora una volta quanto il suo gioco tenda ad essere eccessivamente monodimensionale. Eccezionale attaccante, a tratti immarcabile nell’uno contro uno, grande personalità nei momenti decisivi della partita, ma passatore nella norma e difensore spesso lacunoso e disattento. Non proprio l’ideale per la point guard titolare dei Cavs. Questi problemi si traducono in una sostanziale difficoltà dell’intera squadra quando a Lebron James sono concessi quei pochi e meritati minuti di riposo, in cui spesso e volentieri i Warriors hanno o ricucito dei parziali negativi o allungato considerevolmente il proprio vantaggio, nonostante la presenza di Kyrie in campo.
Sicuramente la presenza totale del giocatore più forte del mondo, colma molte lacune nel gioco dei propri compagni, Irving compreso, ma ciò non nasconde la necessità per quest’ultimo di migliorare alcuni aspetti del proprio rendimento in campo per effettuare un ulteriore salto di qualità e dimostrare a se stesso, ai suoi compagni e al mondo intero di essere un giocatore completo, un giocatore franchigia a tutti gli effetti. Dalla sua Uncle Drew ha sicuramente la giovane età, oltre che la mentalità da vero killer che, anche di fronte a delusioni o a grandi traguardi, non smette mai di migliorarsi e di chiedere di più da se stesso. Il tempo ci dirà innanzitutto se riuscirà, assieme al Re, a compiere la seconda impresa leggendaria della sua carriera, e inoltre ad aggiungere nuove frecce alla sua faretra cestistica e ad entrare di diritto nell’olimpo della lega, presente e futura.