Ci sono momenti, all'interno di una gara, che meritano di essere visti e rivisti dieci, cento, mille volte. Fino alla nausea. Nella gioco della palla a spicchi, non tutti i canestri sono simili. Alcuni, pesano molto più di tanti altri. Lo spettacolo delle Finals va avanti, anche gara 2 è andata agli archivi, ed ha lasciato in eredità una Golden State sempre più schiacciasassi, sempre più macchina da guerra, sempre più perfetta. Ha più di una faccia, ma sempre la stessa, brutale forza. Una furia, capace di triturare chiunque passi dinnanzi a sé stessa. Il centro gravitazionale del secondo atto della trilogia, ha però un volto, angelico e pulito. Ed anche un nome ed un cognome. Stephen Curry.
Terzo quarto, nove minuti ancora da giocare. Lì, in quell'occasione, sul cambio difensivo che ha visto LeBron James accoppiato al '30' degli Warriors, si è fatta parte della storia della partita. Il palleggio avvolgente, melodioso della point guard della Dub Nation, mette in allarme il Prescelto, non potendo difendere su un piccolo, veloce, come lui. Steph lo sa, e prosegue imperterrito nella propria azione. La successione di accenti è terrificante. Mano destra, mano sinistra, nessuna differenza. L'uomo di Akron (si anche lui, derby nel derby) mette in mostra il suo sublime, regale ball handling, e folleggia con il Re. Alla fine, con l'avversario ormai piegato in due sulle gambe, decide di saltarlo come un birillo, ed attacca il canestro. LeBron James però, fastoso duellante, non è finito, prova a giocarsi l'ultima sua carta, e con orgoglio scivola dietro Curry, provandogli a stoppargli la sua conclusione, ma l'anelito di James, con il suo ultimo respiro asmante, non basta. Palla nel nylon, i decibel dell'Oracle Arena zampillano fuori come il sangue rosso vivo in una ferita arteriosa paurosamente profonda. Due punti, che però spaccano in due tronconi la contesa. Punti che hanno effetti devastanti sul morale delle due contendenti.
Un opulento canestro. Uno scatto che potrebbe racchiudere un'intera stagione. Questo, però, è stato solo la punta dell'iceberg, la ciliegina sulla torta di una prestazione sopra le righe da parte del buon Steph. Una sontuosa recita, perfetta se non fosse per le otto palle perse che però non smuovono di una virgola, non macchiano, la prestazione da marziano che Curry ha sciorinato in gara 2, sul parquet amico. Una tripla doppia che ha dapprima stordito, e poi steso, i commoventi avversari: 36 punti, 10 rimbalzi ed 11 assist. Un'iradiddio in campo. Aromatico il suo plus/minus: +21. Una prestazione che insieme a quella del suo 'compagno di merenda' Kevin Durant, è valsa il due su due, prima del viaggio chiarificatore in Ohio. Le luci all'Oracle Arena sono ormai spente, ma resta ben viva, nei nostri iridi, la poesia che è fuoriuscita dalle soffici mani di Steph Curry. Il suo canestro è diverso dagli altri, concilia con la pallacanestro, e ci dimostra che ci abbiamo visto lungo quando abbiamo scelto questo magnifico sport.