Diventare grandi. Diventare Campioni. Un processo di crescita, di maturità, mai banale, mai scontato, durante il quale si devono necessariamente affrontare periodi di alti, tanti, e di bassi, pochi, ai quali però rispondere in maniera giusta, positiva, affrontandoli nel modo giusto; non è sempre facilissimo. Soprattutto se gli occhi del mondo intero, quello cestistico, sono tutti addosso a te, che a diciotto anni potresti ambire a conseguire la patente di guida, ad uscire con gli amici, ed invece sei chiamato a trascinare a suon di canestri e giocate il Real Madrid (!) nei quarti di finale della Turkish Airlines EuroLeague.
Lo avevamo lasciato così, Luka Doncic, in lacrime, nel mezzo del cammin di gara-2, l'unica partita persa dal suo Real Madrid nella serie di playoff contro il Darussafaka di David Blatt. 10 minuti sul parquet del Wizink Center, un complessivo 0/4 dal campo ed un'apparizione nemmeno tanto negativa, considerando le 5 carambole catturate, 1 palla recuperata e soprattutto i sei assist confezionati per i compagni. Non per lui, non per coach Pablo Laso. Le aspettative, molto più alte nei suoi confronti nonostante si fosse alla prima uscita europea in una sfida ad eliminazione diretta, da protagonista assoluto dopo la Regular Season, tradite dopo aver messo assieme soltanto quattro punti nel giro di mezz'ora nelle prime due partite contro l'ostica difesa turca. L'impatto con i playoff di Eurolega molto più problematico del previsto, più dal punto di vista emotivo che di quello tecnico e tattico. Nonostante l'immenso talento a disposizione, un contraccolpo psicologico, un dazio preventivabile per la stragrande maggioranza dei giocatori che si affacciano ad una nuova sfida, non per Doncic, che sembrava essere immune a questo tipo di tassa da pagare vista la sua immensa naturalezza nel calcare i parquet di tutta Europa.
Anche i migliori, i campioni, sono tuttavia umani.
La pressione, esponenzialmente cresciuta dopo quanto accaduto a Madrid, metteva di fronte Doncic al primo, vero, banco di prova, di maturità, di crescita, della sua stagione, della sua intera carriera probabilmente, vissuta fin qui con un tappeto rosso sotto alle scarpe, merito di un clamoroso talento che gli ha consentito di imporsi a grandissimi livelli prima di ogni più rosea aspettativa. La differenza tra i comuni mortali ed i campioni, come dicevamo, risiede però nella capacità di reazione, a qualsiasi età essa avvenga. Eppure, i presupposti per crollare, o quantomeno per non rialzarsi immediatamente, c'erano tutti.
La risposta, da assoluto campione, arriva nel primo quarto di gara-3. La faccia cambia, l'atteggiamento del corpo, della mente, diventa quello aggressivo, da leader naturale, della squadra. Laso, nella crescita del talento sloveno e nella sua esplosione, ha meriti immensi, dovuti alla gestione ed al centellinare i minuti a disposizione del suo talento. Ne ha anche nella sua reazione, già, perché se Doncic scende in campo con il piglio giusto, è anche per la fiducia che l'allenatore gli fa sentire nel momento di maggiore bisogno: il quintetto base, dopo le lacrime, rappresentano la naturale scala mobile per rialzarsi dopo la crisi. Detto, fatto. Luka si prende il Real, con disarmante naturalezza, con la sua innata qualità. Danza palla in mano, disegna basket, canestri, assist. Doncic è tornato. Se ne accorgono i compagni, se ne accorge l'inerme difesa del Darussafaka, impossibilitata a costruirgli attorno una gabbia difensiva capace di frenarne l'impeto.
Il risultato, in termini di produttività, è sconfortante per gli avversari: 13 punti, 8 rimbalzi e 2 assist in gara-3; 11, 5 e 7 nella decisiva gara-4. Il titolo, effimero ma mai scontato, di MVP di giornata a mettere la ciliegina sulla torta della tre giorni turca di Doncic. Tuttavia, ciò che maggiormente resterà impressa nella mente di tifosi e protagonisti, è la straordinaria capacità dello sloveno di imporsi ed elevarsi sul resto del plotone, ancora una volta. Reazione da Campione vero, pronto ad affermarsi nella prossima stagione, quando presumibilmente diventerà un titolare inamovibile ancor più dell'annata corrente, prima della inevitabile chiamata dall'altra parte dell'oceano, quando anche la NBA sarà pronta ad accogliere a braccia aperte lo sconfinato talento di Luka Doncic.