Dopo aver invocato a gran voce rinforzi di ogni tipo per bissare il successo delle scorse NBA Finals, LeBron James si ritrova ora immerso in un roster profondissimo, per quantità e talento, come forse mai gli era accaduto in carriera. Sembrano lontanissimi i tempi in cui il Prescelto trascinava in finale la Cleveland degli Ilgauskas, dei Gibson, dei Larry Hughes, dei Pavlovic e di altri mestieranti NBA. Adesso il general manager David Griffin gli ha messo a disposizione una squadra dal potenziale offensivo illimitato, con una rotazione ben più lunga degli arcirivali dei Golden State Warriors, posto che siano davvero i californiani i principali avversari dei Cavs nella corsa all'anello.
Per rendersi conto di quale sia il talento attuale di Cleveland, basti considerare che in questo momento sono ancora fuori per infortunio due quinti dello starting five titolare, quali J.R. Smith e Kevin Love. Nessun problema, perchè tra trade e acquisizioni dal mercato degli svincolati, sono arrivati a vestire la maglia Cavs Derrick Williams, seconda scelta assoluta al Draft del 2011, Kyle Korver, uno dei migliori tiratori da tre punti dell'ultimo decennio, Deron Williams, due ori olimpici con la maglia di Team USA e tre partecipazioni all'All-Star Game, e Andrew Bogut, centro australiano prima chiamata alla lottery del 2006 e campione NBA nel 2015 proprio con i Golden State Warriors. Tutti pezzi da novanta, che si vanno ad aggiungere ai Big Three (James, Love e ovviamente Kyrie Irving), a un altro titolare come Tristan Thompson, ai veterani Channing Frye e Richard Jefferson, e a un giocatore di rotazione come Iman Shumpert. E, mentre in passato grandi giocatori si accasavano in squadre da titolo solo a fine carriera (si veda l'esempio di Karl Malone ai Lakers), la novità di questa stagione è che professionisti ancora perfettamente integri e relativamente giovani abbandonano le rispettive franchigie per giocarsi una chance ai playoff e con ogni probabilità alle Finals.
D'altronde, la linea tecnica dei Cavs è chiara. Nessun sistema di pallacanestro sofisticato, ma un solo e per certi versi condivisibile assunto: palla a LeBron James, almeno tre tiratori sul perimetro e un lungo di verticalità e di energia difensiva. Sfruttare le doti di passatore sublime del Prescelto è diventata la prima opzione dello staff tecnico capeggiato da Tyronn Lue, con Kyrie Irving nel ruolo di secondo violino extralusso, ma meno playmaker nel senso stretto del termine. Una sorta di attacco a due punte (si direbbe nel calcio) e una batteria di tiratori straordinari dal perimetro. Già, perchè se nel quintetto base ai playoffs partiranno ancora Love e Thompson, non è da escludere la possibilità che LeBron venga cavalcato da numero quattro, con Korver e Smith contemporaneamente in campo insieme, oltre a uno tra Irving e Deron Williams. Uno schieramento con Love (o Frye), James, Korver, Smith e Irving sarebbe estremamente difficile da contenere per gli avversari, proprio per le capacità balistiche di ciascuno degli interpreti in campo. Ma i Cavs possono cambiare pelle a seconda delle esigenze: ad esempio puntare su Shumpert o Jefferson quando si tratta di difendere su un esterno avversario, oppure schierare Bogut al posto di Thompson, o ancora puntare su Deron Williams e Kyrie Irving insieme nei finali di partita. E perchè no, sperimentare anche il quintetto senza lungo di ruolo, come accaduto già nella sfida contro i Boston Celtics, dove per alcuni tratti della gara è stato Derrick Williams (o lo stesso LeBron) a giocare da centro (con tutte le virgolette di questo mondo) nominale. Una serie di frecce nella faretra di James, novello Robin Hood, che in attacco dovrà solo scegliere quale scoccare.