La recente crescita dei Dallas Mavericks è firmata anche e soprattutto Seth Curry, fratello di Steph e figlio di Dell. "Buon sangue non mente", recita un vecchio proverbio. Lo dimostra Steph Curry, campionissimo della NBA dell'ultimo lustro e figlio di Dell, grande tiratore degli anni Ottanta e Novanta ed eletto sesto uomo dell'anno nel 1994. Eppure, nella famiglia Curry non ci sono solo loro due: c'è anche la splendida mamma Sonia, ma anche Seth (oltre a Sydel), di due anni più giovane dell'asso di Golden State e attualmente in forza ai Dallas Mavericks. Come i due Curry più famosi di lui, indossa la maglia numero 30, ma la sua storia è completamente diversa.
Ai tempi del college, dopo una parentesi iniziale alla Liberty University che lo vede protagonista con oltre venti punti di media a partita, si presenta a Duke alla corte di coach K., che nel 2010-2011 lo schiera in quintetto per l'infortunio di un certo Kyrie Irving. Seth non brilla però particolarmente: le due stagioni successive gli regalano qualche soddisfazione in più, ma lo sbarco tra i professionisti è complicato, anzi complicatissimo. Troppo piccolo per giocare da shooting guard - 1,88 m per 79 kg - e senza una visione di gioco tale da consentirgli di essere una buona point guard, tra il 2013 e il 2014 disputa solamente due partite, una per Memphis e un'altra per Cleveland, peraltro dopo un periodo di purgatorio in D-League con i Santa Cruz Warriors. Lui però non si abbatte, continua a lavorare duramente, a correre, a mettersi dietro la linea dei 7,25 m e a tirare. Anche se è troppo basso, anche se è troppo gracile, anche se nessuno lo vuole. O forse proprio per questo. Tra il 2014 e il 2015, eccezion fatta per due presenze collezionate con la maglia dei Suns, torna in D-League. Nell'estate 2015 il duro lavoro inizia ad essere apprezzato e riceve il premio di Top Scorer della Summer League, cui partecipa con i New Orleans Pelicans mettendo a referto 24.3 punti a partita.
Il 22 luglio firma un biennale con i Sacramento Kings di DeMarcus Cousins, ma tra Seth e Boogie non corre buon sangue. Dopo essere partito in sordina, il Curry numero due inizia a collezionare presenze - alla fine saranno 44 - rimanendo mediamente sul parquet per 15.7 minuti, con 6.8 punti ad allacciata di scarpe e il 45% dall'arco, numeri che non gli sono sufficienti per rimanere in California. La successiva fermata è Dallas, Texas, alla corte di coach Rick Carlisle e nel roster dei Mavs di Mark Cuban. Con lui Seth migliora dal punto di vista tattico, come dimostrano i quasi tre assist a gara, ma soprattutto ha una grande opportunità per affermarsi, a causa degli infortuni di Barea e Deron Williams. Le prestazioni migliorano di giorno in giorno, finché contro Minnesota arriva a piazzare 31 punti, senza contare i 24 contro San Antonio e i 29 contro Miami. "Alla fine, il lavoro paga". Anche se c'è qualcuno più forte di te che ha il tuo stesso cognome. Chi di voi ha avuto un fratello maggiore, un padre, una madre, una sorella che aveva la vostra stessa passione ma che riusciva a coltivarla meglio, o, semplicemente, era soltanto più dotato? Chi ha vissuto tutto questo può capire come si senta da tutta la vita Seth, l'altro Curry, il quale non nega la realtà: "E' dura. Comprendo le circostanze, mi limito a giocare, spero che la gente mi venga a vedere. Se mi guardi e mi capisci, allora puoi avere una buona opinione su di me. Ho a che fare con questo tipo di situazione da tutta la vita, ma non è qualcosa che mi fa impazzire, né penso di essere l'ombra di Steph. So chi sono come giocatore, so cosa posso fare. E' soltanto una questione di saper cogliere l'opportunità. Giocherò nello stesso modo ogni singola notte con i minuti che ho a disposizione per cercare di fare il massimo. Sto cercando di cogliere l'opportunità di avere un impatto sulle partite a diversi livelli".
Di sicuro, la voglia di migliorare e di dedicarsi completamente al basket non è inferiore a quella dei suoi due illustri parenti, idem dicasi per quanto riguarda la fiducia in se stesso. In costante miglioramento nel tiro - 52.6% dal campo nelle ultime dieci partite - devastante dall'arco, ottimo nelle letture, buon ball handler, adesso sta lavorando anche sulla difesa, lui che con quel fisico non riesce quasi mai a tenere l'uno contro uno. Carlisle dice che sta progredendo anche in questo senso. Forse bisogna credergli: voi scommettereste mai contro un Curry?