Provate voi a comprendere le dinamiche societarie dei Los Angeles Lakers! La lotta di potere in seno alla famiglia Buss è degna delle migliori serie tv americane. E chissà che un giorno, magari non troppo lontano, Hollywood non decida veramente di dedicare un produzione televisiva o cinematografica alla franchigia che più di tutte ha rappresentato lo star system hollywoodiano.
Oggi, però, quella squadra che attirava decine di celebrità allo Staples è solo un lontano ricordo, anche il fedelissimo Jack Nicholson si vede sempre meno a bordo campo. Tutte le franchigie, anche le più gloriose, sono destinate a vivere periodi di vacche magre. Ci sono realtà che hanno la pazienza e la competenza per gestire al meglio le fasi di transizione; altre, invece, abituate storicamente a competere per vincere, credono di dovere stare sempre sulla cresta dell'onda, esibendosi in scelte avventate - se non addirittura scellerate - che hanno come unica conseguenza quella di rallentare il tanto agognato ritorno alla gloria.
I Los Angeles Lakers appartengono a quest'ultima categoria. I problemi di campo della franchigia californiana sono infatti solo un riflesso della situazione societaria. Difficile stabilire la data dell'inizio della regressione, ma senza dubbio i problemi diventano assordanti con la morte di Jerry Buss, dopo la quale si scatena la classica battaglia tra eredi che coinvolge il figlio prediletto di Buss senior, ovvero Jim Buss, e una delle due figlie femmine, Jeanie, nota anche per essere stata a lungo compagna di Phil Jackson. A prendere le redini societarie sarà Jim che si contraddistinguerà per le sue idee bizzarre (qualche anno fa ha raccontato di avere ideato un indice statistico per misurare il rendimento sul campo dei giocatori), per alcune scelte disastrose e per la totale incapacità di comunicare un'immagine positiva di sé e della franchigia ai media e al resto della lega.
Nell'occhio del ciclone sono finiti soprattutto il faraonico rinnovo di contratto ad un Kobe Bryant reduce dall'infortunio al tendine d'Achille e i clamorosi fallimenti in free agency. Come spiega Ramona Shelburne di Espn, i Lakers hanno scelto di puntare tutto sui pezzi grossi degli ultimi mercati estivi (LeBron James, Carmelo Anthony e LaMarcus Aldridge), auto-escludendosi dalla corsa a giocatori di medio/alto livello. I vari Isaiah Thomas, Trevor Ariza e Kent Bazemore sarebbero stati disposti a firmare per LA (il padre di Thomas è tifosissimo dei Lakers e lo stesso Isaiah è cresciuto con il mito di Kobe e Shaq), ma hanno scelto altre squadre per via della strategia attendista di Buss e del GM Kupchak. Per una franchigia lontana anni luce dai play-off, seppur con il fascino dei Lakers, è quasi impossibile arrivare ad un All-Star. Ripartire da giocatori funzionali al progetto diventa fondamentale per ricostruire una base tecnica che possa attrarre i top free agent.
Per anni la dirigenza di LA ha pensato invece che bastasse puntare tutto sul marketing e sulla storia prestigiosa dei Lakers per convincere i Carmelo Anthony di turno a firmare per loro. È passato alla storia il grottesco meeting con LaMarcus Aldridge, quando la dirigenza gialloviola si presentò senza uno straccio di progetto tecnico, incentrando tutta la propria proposta sulla vita glamour di Los Angeles e sui benefici d'immagine che avrebbe avuto Aldridge scegliendo LA. La strategia si è rivelata - come prevedibile - disastrosa e le conseguenze sul campo sono state quasi inevitabili. Per due anni consecutivi i Lakers hanno chiuso con il peggior record della storia della franchigia, assecondando qualsiasi capriccio di Kobe Bryant e deprimendo i giovani selezionati al draft con una guida tecnica, al secolo Byron Scott, incapace di dare una qualsivoglia identità difensiva e offensiva alla squadra.
Ma arriviamo ai giorni nostri. Dopo aver fallito nelle estati scorse l'assalto a qualsiasi free agent, a luglio il general manager Mitch Kupchak ha deciso di cambiare strategia e di muoversi in maniera aggressiva all'inizio del mercato. In poche ore i Lakers hanno impegnato 136 milioni di dollari del loro salary cap per i prossimi 4 anni, firmando due veterani di lungo corso e dalla scarsa appetibilità sul mercato, ovvero Timofey Mozgov e Luol Deng. Con questa scelta LA ha occupato la maggior parte del suo spazio salariale e la prossima estate potrà garantire il max ad un top free agent solo liberandosi di alcuni giocatori come Nick Young e Tarik Black.
L'imminente off-season rappresenta un punto cruciale del futuro gialloviola anche per un altro motivo. Scade, infatti, la timeline auto-imposta da Jim Buss che tre anni fa dichiarò che si sarebbe fatto da parte se entro il 2017 non fosse riuscito a portare i Lakers almeno in finale di Conference. In questo momento la squadra allenata da Luke Walton ha il terzo peggior record della lega e i play-off sono solo un miraggio. Probabile, dunque, che Jeanie Buss costringa il fratello Jim a farsi da parte, dal momento che quest'ultimo, a dispetto delle dichiarazioni di tre anni fa, non sembra intenzionato ad abbandonare la nave.
La direzione sembra, dunque, quella di una rivoluzione societaria. La prima mossa in tal senso è arrivata la scorsa settimana, quando i Lakers hanno annunciato di avere assunto come consigliere della franchigia uno dei giocatori simbolo della storia di LA e dell'intera Nba: Magic Johnson. In passato Magic non ha risparmiato critiche pesanti all'operato di Jim Buss e Kupchak, mettendo sotto processo soprattutto i fallimenti in free agency. Nonostante l'ex asso dei Lakers abbia recentemente dichiarato di non voler prendere il posto di Buss junior, è difficile credere che i due possano convivere a lungo. La soluzione più probabile è che invece Johnson prenda le redini sportive della franchigia e decida poi insieme a Jeanie Buss se confermare o meno Kupchak nel ruolo di GM.
La figura di Kupchak è enigmatica e il suo operato difficile da giudicare. Negli anni ha dimostrato di avere un ottimo occhio per i giovani talenti, pescando bene al draft, e ha alternato ottime trade (vedi Pau Gasol) a scambi disastrosi (vedi Steve Nash). Anche all'interno della lega (giocatori, agenti e altri gm) il giudizio su di lui è ambivalente. Pesano ovviamente come macigni i contratti faraonici dati in estate a Mozgov e Deng, che rischiano di condizionare a lungo le scelte di LA, e la pessima gestione delle passate free agency. Difficile comunque, al momento, delineare degli scenari certi. Johnson e Jeanie Buss potrebbero decidere di dare continuità al progetto intrapreso da Kupchak nell'ultimo anno e di far crescere con calma i giovani.
Ma è tutt'altro da escludere che possano optare per un avvicendamento nel ruolo di GM, sondando un top della lega o scegliendo una figura giovane. In queste ore è emerso che Jerry West sia intrigato dall'opportunità di tornare ai Lakers. Non è ancora chiaro in quale ruolo. Parliamo ad ogni modo di una persona di 78 anni che recentemente ha avuto problemi di salute. Qualora West e i Lakers dovessero decidere di riabbracciarsi potrebbe esserci spazio per un dirigente più giovane (magari proprio Ryan West, il figlio di "mister logo"), con il compito di svolgere le mansioni quotidiane di general manager sotto la guida di due ex star giallo-viola come Magic e West.
Siamo, quindi, alla fine della prima stagione di questa serie tv made in LA, ma come in tutte le produzioni televisive americane il colpo di scena potrebbe essere dietro l'angolo...