Con una cerimonia sobria, in pieno stile San Antonio Spurs, è stata ritirata questa notte all'AT&T Center la maglia numero 21 di Tim Duncan, leggendaria power foward dei neroargento, con i quali il caraibico ha vinto cinque titoli, fondato una dinastia e ammassato record su record. Duncan si aggiunge così a George Gervin, David Robinson, Sean Elliott, James Silas, Avery Johnson, Bruce Bowen e Johnny Moore come membro della speciale cerchia degli immortali degli Spurs. 

Giocatore franchigia, dominatore come ala grande della lega di pallacanestro più importante al mondo per diciannove stagioni, Duncan è apparso ieri per l'ultimo commiato davanti al suo pubblico. Abbigliamento casual, sul quale lo stesso Timmy ha scherzato ("Ho vinto un bel po' di scommesse stanotte, non ho indossato i jeans, ho messo una giacca, e ho anche parlato per più di trenta secondi..."), e poche parole, in linea con il personaggio. Tanti i grazie ai suoi storici compagni di squadra, all'allenatore Gregg Popovich e al general manager R.C. Buford. "Un grazie particolare a voi tifosi - le parole di The Big Fundamental al suo pubblico - il vostro affetto e supporto sono stati travolgenti, in particolare nelle ultime due settimane. Grazie anche ai miei compagni di squadra, a quelli che ci sono sempre stati e a quelli con cui giocato solo un anno o due: mi avete dato tantissimo, e non riuscirò mai a spiegare cosa avete significato per me. Ho ricevuto da loro più di quanto abbia dato. Grazie a R.C. e a Pop, siamo stati tutti parte di un puzzle che voi avete creato e messo insieme anno dopo anno, titolo dopo titolo, per aver creato un'atmosfera fantastica. Grazie Coach Pop, per essere stato più di un allenatore per me, direi un secondo padre. Grazie". Hanno poi preso la parola i compagni di una vita, a cominciare da Tony Parker: "Tim è stato l'unico compagno di squadra che non mi ha mai chiesto di passargli la palla. Mi guardava e basta. E, per un diciannovenne che veniva dalla Francia, era abbastanza spaventoso essere guardato in quel modo da uno come lui. Non aveva bisogno di parlare: la maggior parte dei compagni mi avrebbe detto:"Hey Tony, sono libero", ma Timmy mi guardava soltanto e ho capito che era meglio passargli la palla, se avessi voluto continuare ad essere il playmaker di questa squadra".

Parola a Manu Ginobili, l'argentino da Bahia Blanca che con Duncan ha costruito negli anni un rapporto particolarissimo, e che ha raccontato un aneddoto risalente ai playoffs del 2006. "Eravamo sull'1-1 in una serie contro i Sacramento Kings, e io avevo perso un pallone sanguinoso che ci era costato la seconda partita. Tim mi chiamò in albergo almeno cinque volte, io sarei voluto sparire. Mi invitò a cena, e parlammo di tutto per ore. Cambiò il mio stato d'animo, e grazie a lui passai una notte molto migliore di quella che avrei trascorso altrimenti. Sono questi gesti che ti rendono un leader agli occhi dei tuoi compagni di squadra. Quindi, ora che ne ho l'opportunità, grazie Timmy. Grazie davvero per tutti questi anni e per i quattro anelli che ho a casa e che non avrei senza di te. Grazie per avermi reso migliore, come hai fatto con tutti coloro i quali hanno giocato con te". Quasi commosso Gregg Popovich: "Il commento più importante che posso fare su Tim Duncan è il seguente: posso tranquillamente dire ai suoi genitori, che ora non ci sono più, che loro figlio ora è esattamente la stessa persona che era quando è entrato qui dentro. Non ho mai voluto parlare di rimbalzi, punti, statistische e roba di questo tipo, perchè quest'uomo ha reso possibile a me e a tutti noi di costruire nel corso degli anni una cultura e un progetto vincente. Come anche tutti gli altri hanno già spiegato, la sua empatia, la sua capacità di dare il benvenuto a chiunque, di essere un leader silenzioso, ma con dignità e personalità, lo hanno reso speciale molto oltre di quanto si possa immaginare".