Tutti a lezione da Quin Snyder: è lui, infatti, il principale artefice dell'ottimo inizio di stagione degli Utah Jazz, che dopo 21 partite disputate vantano un record di 12 vinte e 9 perse.
Dopo due annate chiuse con un record superiore al 45% ma sempre inferiore al 50%, i giocatori della franchigia di Gail Miller quest'anno si sono presentati al training camp decisi a compiere il salto di qualità per tornare ai playoff per la prima volta dal 2012.
Per fare ciò quest'estate sono arrivati George Hill, Boris Diaw e Joe Johnson, giocatori di grande esperienza e con un passato da protagonisti in team di vertice, mentre sono stati sacrificati Trey Burke e Trevor Booker. La loro partenza è stata accolta senza particolari rimpianti dal front office dei Jazz che, nonostante gli infortuni, stanno dimostrando di avere una precisa identità di gioco.
Al netto dei problemi al ginocchio sinistro di Derrick Favors - fondamentale per Utah soprattutto in post basso - che dovrebbero tenerlo lontano dal parquet per un periodo di tempo che non è ancora stato ben definito, Snyder ha costruito un team con alcuni veterani e tanti giovani, con una panchina di ottimo livello, come dimostra il buon rendimento dei vari Exum, Lyles e Ingles. Il grande merito del 50enne di Washington fin qui è stato soprattutto quello di fare in modo che nessun singolo si imponesse sulla squadra.
Quin dà sempre la sensazione di avere tutti i giocatori dalla sua parte, incoraggiandoli ma tenendoli sempre sulla corda ogni qual volta che hanno un piccolo passaggio a vuoto. Questa alchimia, peraltro suscettibile ancora di diversi miglioramenti, si è costruita partendo da una difesa di livello assoluto, che concede 101 punti ogni 100 possessi (terza della Lega) e caratterizzata da diversi blocchi lontano dalla palla che consentono a Utah di subire poco dal lato debole e di contestare la maggior parte dei tiri avversari. In attacco l'organizzazione di gioco fa sì che il talento e l'incredibile completezza offensiva di Hayward non schiacci le qualità dei compagni. Questo senza contare l'importanza dell'approdo nella città del lago salato di George Hill - il quale al momento è ai box per un infortunio all'alluce del piede sinistro. Parlando dell'ex Indiana, Snyder ha detto: "Penso ci si possa accorgere della sua abilità a far spaziare bene i compagni in campo e a tirare quando necessario. Rende più difficile da marcare Rodney Hood e Gordon Hayward. Il leader del gruppo è lui ed è conscio di quanto sia importante per noi la sua leadership. Questo è quello che fa un capitano". La sua importanza è emersa nella sfida contro Miami, dopo che due giorni prima l'attacco dei Jazz aveva impressionato contro gli Houston Rockets.
Senza l'ex Pacers si sono acuiti i vecchi problemi dei Jazz, che infatti sono l'ultima squadra della NBA per assist a partita, con appena 18.5 di media. La loro prevedibilità e lentezza nella costruzione del gioco è testimoniata dalla statistica relativa ai fast break points, che li vede penultimi con appena 8.6, e da quella riguardante il pace, il peggiore della NBA (fermo solamente a 93.2). Questo viene controbilanciato da un predominio nella restricted area con pochi eguali nella Association, come dimostra il 63.7% al tiro in questa zona di campo - solo Golden State fa meglio col 69.9%.
La capacità di Snyder di fare aggiustamenti sarà fondamentale nel prosieguo della stagione tanto quanto avere tutto il roster a disposizione. In questo senso sarà importante la capacità di gestire i clutch moments da parte di giocatori come Johnson e Diaw, che - specialmente in post season - potrebbero risultare decisivi. Questo senza considerare la crescita notevole di Rudy Gobert. Il francese quest'estate ha lavorato molto sulle situazioni di pick and roll, sui movimenti spalle a canestro e sui tiri liberi, con i risultati che sono già emersi in queste prime 21 partite (adesso dalla lunetta tira col 65,7%, mentre nel resto della sua carriera viaggiava intorno al 59,5%). L'impressione è che, se alla crescita del 24enne di San Quintino dovesse affiancarsi quella dei giovani Hood ed Exum - soprattutto in termini di continuità di rendimento - Utah sarà davvero dura da battere, specialmente per le sue rivali nella corsa ai playoff (difficile pensare che possa arrivare tra le prime quattro della Western Conference).
Il sentiero intrapreso è quello giusto, la squadra è compatta, l'allenatore tra i migliori in circolazione. What else?