Pochi giorni separano tutti gli appassionati di basket a stelle e strisce dal tip-off della stagione 2016-17. Altre pochissime ore di trepidante attesa e sarà di nuovo NBA. Mentre la pre-season è agli sgoccioli, con gli ultimi giocatori che cercano di mettersi in mostra per un posto nel roster, le squadre vanno pian piano definendosi dopo gli ultimi scambi in vista della fatidica data del 26 di ottobre. Tutto è pronto al di là dell’oceano, con le trenta franchigie che scalpitano all’idea di iniziare a giocare e dare spettacolo. Per portarvi nel miglior modo possibile nel mondo del basket statunitense, Vavel ha pensato di condurvi per mano in ogni singola division e, dopo le prime cinque puntate, siamo giunti al termine del viaggio che ci porta nella Pacific Division, dalla quale lo scorso anno è uscita la squadra vincitrice della Western Conference: parliamo ovviamente dei Golden State Warriors di Steve Kerr e Stephen Curry. Alle loro spalle i Los Angeles Clippers di Doc Rivers sembrano i diretti inseguitori - seppur con margine - mentre maggiori problemi strutturali sembrano avere Los Angeles Lakers, Phoenix Suns e Sacramento Kings che provano a ripartire a caccia di un posto ai playoff – difficile – oppure di una programmazione maggiormente efficace in ottica futura.
Golden State Warriors
Cosa dire della miglior squadra della scorsa Regular Season? Ah già, hanno ingaggiato, semmai se ne sentisse il bisogno, uno dei migliori attaccanti del pianeta: Kevin Durant. Tutto sembra scritto nella baia per un’altra stagione all’insegna dell’entusiasmo, dello sfrenato corri e tira e – forse – di tanti altri record. Basterà però inserire Durant all’interno della macchina per tornare a vincere? Le gare di preseason, per quanto possano contare, hanno evidenziato una volontà da parte dei protagonisti stessi, sebbene utilizzati con il contagocce da coach Kerr, all’altruismo ed alla equa distribuzione dei tiri e dei possessi. Ciò che però sembra essere più di un semplice tarlo è che, rispetto alle precedenti versioni dei Warriors, qualcosa in difesa e nella rotazione dei giocatori dalla panchina, si sia perso. Ma andiamo con ordine.
Per far spazio all’esborso per l’ingaggio di KD35, Golden State ha rinunciato – per quanto riguarda il quintetto base - ad Harrison Barnes e a Andrew Bogut. Al loro posto sono arrivati Durant, per l’appunto, e Zaza Pachulia, quest’ultimo giocatore di sistema anch’egli come l’australiano ma probabilmente con qualche pecca maggiore spalle a canestro rispetto al predecessore. Stesso dicasi anche per coloro i quali dovranno ricoprire i ruoli di lunghi all’interno della second unit, che conterà e ripartirà comunque sull’apporto di Livingston ed Iguodala, due certezze assolute. Gli addii di Speights e soprattutto di Ezeli dovranno essere colmati da West, Varejao e McGee, chiamato a mettere la testa a posto dopo anni di sbandamenti. Con loro da confermare la presenza e la crescita nel sistema di giocatori come Clark e McAdoo, che non dovranno far rimpiangere Barbosa e Rush. Da tenere sott’occhio anche Patrice McCaw, guardia che si è messa in luce nelle ultime uscite di prestagione tirando con il 45% da tre. Il tutto da condire con la voglia di rivalsa dello zoccolo duro della squadra composto da Curry, Thompson e Draymond Green.
Los Angeles Clippers
Doc Rivers non cambia, bensì rilancia le ambizioni dei suoi Clippers confermando gran parte del nucleo della squadra della stagione precedente. Pochi gli innesti, tre, che andranno ad aggiungersi ad una squadra che oramai da anni è considerata una contender ma che quasi sempre – arrivata al punto di non ritorno – non è mai riuscita a fare il definitivo salto di qualità. Fiducia ancora a Blake Griffin e a DeAndre Jordan sotto canestro, scelta contraddittoria rispetto a quanto fatto dalla maggior parte delle franchigie che preferisce avere almeno uno dei due lunghi prettamente perimetrale e lasciarne uno solo in area. Da verificare e confermare le migliorie al tiro dalla distanza di Griffin, atteso dopo una stagione in sordina a scalare le marce per contribuire alla crescita della squadra. Stesso dicasi per Chris Paul, da sempre considerato uno dei migliori nel suo ruolo ma che, da quando a Los Angeles, non è mai riuscito ad imporsi conquistando una finale di Conference.
Le motivazioni, l’orgoglio ed un minimo cambiamento dal punto di vista tattico, con l’inserimento di Speights in squadra che potrebbe favorire l’apertura degli spazi in post per i lunghi di ruolo. Dettaglio non poco trascurabile al quale si va ad aggiungere anche la crescita e – probabilmente – la conferma, di giocatori tutt’altro che secondari come Mbah-a-Moute e Austin Rivers. La sensazione è che, nonostante questi innesti e le conferme dei vari Pierce, Crawford e Redick, qualcosa ai Clippers manchi ancora. Sarà la mentalità, sarà la scarsa abitudine a vincere nei momenti cruciali, ma i bianco-rossi-blu devono dimostrare qualcosa in più rispetto all’oramai solito copione che presumibilmente reciteranno. Saranno all’altezza del ruolo?
Los Angeles Lakers
Ventata d’aria nuova a Los Angeles sponda gialloviola. L’ultima stagione di Kobe Bryant è coincisa anche con la peggiore stagione di sempre nella storia della franchigia, dalla quale i Lakers hanno tutte le intenzioni di riscattarsi. Per farlo, la parola d’ordine di Kupchak e soci è stata progetto. Allenatore giovane, squadra perlopiù giovane che si poggerà sull’esperienza di due tre elementi in grado di far crescere ulteriormente i prospetti presenti nel roster. L’obiettivo principale è quello – e a quanto pare coach Walton è già riuscito in questa impresa – di dare un’idea di gioco alla squadra, cosa che a El Segundo nelle ultime tre o quattro stagioni non è esattamente andata per il verso giusto. Spaziature in attacco, aiuti difensivi e principi chiari e precisi in transizione offensiva come in quella difensiva sono quattro dei principi cardine che nelle prime uscite i Lakers hanno messo in mostra: scusate se è poco.
Certo, non è tutto oro quel che luccica, perché tanto è ancora il lavoro da fare, ma con questi presupposti quantomeno il futuro sembra maggiormente radioso. Accanto alla necessità di dare tempo e spazio ai vari Russell, Clarkson, Randle, e soprattutto Ingram, per maturare ed imporsi nella lega, Los Angeles intesa come città ed ambiente dovranno imparare ad alleviare leggermente la pressione sul team – difficile a farsi piuttosto che a dirsi – e non pretendere fin da subito risultati ed un posizionamento ai playoff. Attorno al nucleo di giovani la dirigenza ha scelto di confermare giocatori come Lou Williams e Larry Nance, altresì Nick Young e Metta World Peace ai quali sono stati affiancati altri veterani dalla spiccata dose di esperienza quali Luol Deng, Timofey Mozgov e Josè Calderon. Un mix che non promette nulla di clamoroso, ma che sotto la guida di Walton può crescere a dismisura.
Phoenix Suns
Poco da salvare nell’ultima stagione (con 23 vittorie stagionali) dei Phoenix Suns, che ripartono con rinnovate ambizioni dopo aver affidato il ruolo di capo allenatore a Earl Watson, trentasettenne di belle speranze. Le stesse che la dirigenza dei Suns hanno nei confronti di quello che, attualmente, sembra essere uno dei migliori ventenni del lotto, Devin Booker. Accanto al giovane di bellissime speranze Watson affiancherà il ritrovato Eric Bledsoe – da valutare il suo recupero, anche se in preseason tutto è sembrato regolare – e Brandon Knight.
Vicino a questo terzetto si inseriranno giocatori non esattamente di primo pelo che potrebbero essere molto utili alla causa in quanto a carisma ed esperienza: Dudley e Barbosa – cavallo di ritorno – offrono certezze ad una squadra che negli ultimi mesi non ne ha avute tantissime. Chi avrà bisogno di fiducia ed entusiasmo sarà sicuramente Marquese Chriss, destreggiatosi abilmente nella giungla delle prime sfide stagionali, che qualora venisse inserito in un determinato sistema di gioco potrebbe riservare numerose sorprese nel deserto dell’Arizona. Stesso discorso vale anche per Dragan Bender, apparso leggermente più in difficoltà del collega al primo anno statunitense. Chandler, Warren e Tucker lo zoccolo che può fornire validissime alternative sia tecniche che motivazionali ad un gruppo che deve ritrovare fiducia e serenità. Obiettivo minimo, non sfigurare come la scorsa stagione, anche se sarà clamorosamente difficile fare peggio.
Sacramento Kings
Ennesima rivoluzione in casa Kings, dopo l’ennesima annata fallimentare. Si riparte, nella speranza che stavolta il look non rappresenti un cambiamento soltanto di facciata alla voce palazzetto, lo splendido Golden 1 Center, e alla voce allenatore, ovvero Dave Joerger. L’ex coach dei Grizzlies ha preso in consegna una bella gatta da pelare, che da tempo ha ambizioni di tornare a calcare i parquet della postseason ma raramente riesce a chiudere una stagione in positivo e con un’alchimia di squadra quantomeno decente. Tutti i mali della passata stagione – o quasi – sono stati ascritti a Rajon Rondo (in parte a ragione). Joerger ripartirà ovviamente da uno dei centri più dominanti – potenzialmente – della lega intera, Cousins, e dalla voglia di Collison di rimettersi in discussione come playmaker titolare della squadra (al netto di cessioni dell'ultima ora).
Al contempo, il nuovo tecnico proverà a riallacciare i rapporti con Rudy Gay e farlo ritornare ai fasti di un tempo, oltre a dare stabilità e ordine alla squadra grazie all’innesto in quintetto di Afflalo, giocatore pulito e mai sopra le righe, che in un contesto del genere non fa mai male. Tante le ambizioni di conferma e miglioramento riguarto le prestazioni di Willie Cauley-Stein, positivo nell’anno da rookie, ma che è chiamato a crescere ancor più accanto a DMC. Matt Barnes, Kosta Koufos e Omri Casspi sono onesti giocatori che nel secondo quintetto potranno mettersi in luce così come Farmar e Tolliver, senza dimenticare Ben McLemore. Difficile, in conclusione, pensare ai Kings ai playoff, ma già migliorare il record stagionale scorso potrebbe essere un punto di partenza per un futuro migliore.