4 Luglio 2016, è il giorno dell'Independence Day negli Stati Uniti. Proprio nel pomeriggio di quella giornata di inizio estate arriva la decisione più dolorosa della storia degli Oklahoma City Thunder: Kevin Durant firma con i Golden State Warriors un contratto biennale da 54.3 milioni di dollari. ​Da lì inizia una nuova era per la squadra di Russell Westbrook e compagni, che da contender per il titolo passano a squadra "normale", con buone potenzialità ed ambizioni di Playoff. Inoltre, insieme a KD, se ne va anche Serge Ibaka, coinvolto in una trade con gli Orlando Magic, che in cambio dell'ispano-congolese decidono di rinunciare a Victor Oladipo, Ersan Ilyasova e Domantas Sabonis, figlio del leggendario Arvidas ed undicesima scelta al draft dello scorso Giugno. Come se non bastasse, sempre in estate, Dion Waiters decide di firmare per i Miami Heat, dopo che i Thunder hanno deciso di ritirare la qualifying offer nei suoi confronti.

Ricostruzione, dunque, per coach Billy Donovan che, dopo una regular season in cui non si erano viste grosse novità (garantendosi comunque un buon terzo posto con 55 vittorie), lo scorso anno ha dimostrato di aver apportato alcune modifiche importanti nel sistema di gioco di OKC. Pur lasciando sempre un buon margine di libertà alle due superstar Durant e Westbrook, infatti, la squadra è sembrata decisamente più aggressiva in fase difensiva - da manuale la difesa sul pick and roll nella serie con San Antonio e, almeno per buona parte, anche in quella con Golden State - ma allo stesso tempo attenta ad ogni particolare, dominando sotto ai tabelloni, tanto da ridimensionare lo straordinario frontcourt degli Spurs lo scorso Maggio nella serie vinta 4-2. Ciò è stato possibile grazie al quintetto "pesante" con Adams e Kanter come lunghi.

Durant e coach Donovan, durante la sfida contro i Warriors dello scorso anno - Foto NBA.com

Oltre a questo aspetto si sono visti anche altri giocatori che hanno dato il loro contributo, crescendo a dismisura nel corso della stagione, come ad esempio Roberson, roccioso in difesa e, quasi incredibilmente, utile anche dall'arco. A questi va aggiunto Ibaka, il quale negli ultimi anni ha cambiato notevolmente il proprio modo di giocare, toccando meno palloni, ma "sporcandone" molti di più. Importante è stato anche l'ottimo apporto di Dion Waiters, oltre che quello di Payne (che la scorsa settimana in allenamento si è fratturato il piede destro e che sarà costretto a restare ai box per le prime 2-3 settimane di regular season) e Morrow. Il risultato è stato una squadra davvero completa, con una transizione offensiva impressionate, cui si è aggiunta una solidità difensiva quasi inaspettata. OKC ha così prodotto, forse, il miglior basket in termini di qualità della scorsa postseason, con una finale NBA sfumata di un soffio, sciupando un vantaggio di 3-1 con i Warriors, in quella che (probabilmente) è stata la più bella serie degli ultimi tre anni.

​Quest'anno sarà tutto diverso, ma - effettivamente - quanto?

Sicuramente coach Billy Donovan ha portato in Oklahoma idee di gioco solide che, almeno in parte, vanno al di là di qualsiasi giocatore, anche se questo si chiama Kevin Durant. Quel che è certo è che le ambizioni di OKC quest'anno saranno decisamente diverse rispetto a quelle degli ultimi 5-6 anni, nonostante i proclami dello zero. I Thunder, infatti, si contenderanno un posto nei Playoff, presumibilmente insieme alle varie Utah, Dallas, Memphis, Houston e, perchè no, anche Minnessota. Se Russell Westbrook sembra intenzionato a salire sempre più di livello e a giocare una stagione da protagonista assoluto, se non da Mvp, ci sono meno certezze per quello che riguarda i suoi compagni di squadra. Se i lunghi Adams - che dopo quanto dimostrato la scorsa primavera merita di  essere considerato un Big - e Kanter sembrano delle garanzie, infatti, lo sono di meno gli altri. Uno dei grossi interrogativi è sicuramente Victor Oladipo, ex Magic e seconda scelta al Draft del 2013. Il prodotto di Indiana dovrà dimostrare di essere compatibile con il gioco di OKC e, soprattutto, con il carisma e l'ingombranza del suo leader indiscusso. La voglia di far bene non manca al ragazzo nato ad Upper Marlboro, così come l'esuberanza e la voglia di imparare a giocare assieme a dei grandissimi giocatori. Sarà interessante vedere quanto riuscirà ad integrarsi in un sistema in cui non sarà nè la prima nè la seconda scelta offensiva, riuscendo a fare le scelte giuste in entrambe le metà campo, magari migliorando la percentuale nel tiro da 3 punti che, per esempio, nelle prime due partite di preseason è arrivata al 14,3%.

Victor Oladipo, l'anno della consacrazione? - Foto NBA.com

Altro punto di domanda è relativo ad Ersan Ilyasova, 29enne turco di talento, che già da sette anni gioca nella National Basket Association. I più ottimisti dicono che questo può essere il sistema che potrà metterne in risalto le qualità, visto che negli ultimi 2-3 anni ha visto abbassare la propria efficienza offensiva, così come il suo rendimento sotto canestro. Per lui sembra possibile un utilizzo come sesto, o magari settimo, uomo. Per quanto riguarda colui che dovrebbe completare il quintetto di partenza, ovvero André Roberson, l'ex giocatore di Colorado dovrebbe continuare a garantire il solito grande lavoro difensivo e, come visto a Maggio, anche un buon rendimento con il tiro da tre punti, magari grazie alle spaziature create sotto ai ferri da Adams e Kanter.

Molto interessante sarà anche vedere i due rookie Alex Abrines e Domantas Sabonis. Sul primo ci sono incognite sotto il profilo fisico e dell'ambientamento a tutto tondo al mondo NBA - lo spagnolo prima d'ora ha sempre giocato in Europa. Il secondo, invece, viene da due anni di college a Gonzaga, dove ha impressionato per talento offensivo, visione di gioco e solidità mentale. L'aspetto fisico lascia ancora a desiderare (95 Kg per un ragazzo alto 208 cm sono pochi), considerando anche che il ventenne lituano è tutto fuorchè un intimidatore sotto canestro. Il tempo per lavorare c'è e la strada sembra percorribile senza troppe difficoltà. Il futuro sembra essere suo, anche se occorrerà aspettare parecchio tempo prima di paragonarlo a papà Arvidas.

​Tante incognite, dunque, ma anche molte novità e giocatori pieni zeppi di talento per Billy Donovan, che sembra essere la persona giusta per assemblare tutto questo materiale grezzo. L'impressione è che, sarebbe già un risultato più che soddisfacente se i Thunder dovessero arrivare ai Playoff con 50 vittorie, mentre sarebbe da considerare quasi una vittoria un l'eventuale superamento di un turno nella postseason. 

Tuttavia, forse Russell e compagni la pensano diversamente.